Seimila gladiatori si mossero da Capua a Roma guidati da Spartaco per guadagnare la Libertà

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Di Maria Rosaria Canonici D’Acierno

Oggi ci si interroga con angoscia ed ansia sul significato da attribuire alla libertà, una libertà che sembra negata e dall’uomo e dalle circostanze esterne. Ma definire la libertà sembra quasi impossibile e coinvolge il pensiero filosofico, religioso, sociale, economico, accostandola alla morale, alla volontà, alla responsabilità, al desiderio, alla spontaneità, alla consapevolezza, alla necessità, all’urgenza di fare o non fare qualcosa in un mondo globale dove si vive l’uno accanto all’altro. L’umanità non ha mai vissuto isolata, anzi oggi viviamo in un vortice dove ci spostiamo vorticosamente, parliamo più lingue e risolviamo il problema della comunicazione spicciola usando tutti la lingua inglese. Così facendo ci sentiamo liberi, e non ci accorgiamo che la nostra è una libertà fittizia che ci fa dimenticare il rispetto dell’altro, il quale è portatore di altre culture e di altre tradizioni. Essere rispettosi significa accettare la diversità e, quindi, seguire un comportamento che non offenda l’altro, né lo limiti nelle sue aspettative. Si devono seguire delle regole per una convivenza civile. Questo non significa essere limitati nella propria libertà, ma significa condividere e vivere nel rispetto di sentimenti e di regole universali. L’uomo nasce libero di pensare ciò che vuole, ma deve agire tenendo conto dell’altro. Infatti posso pensare di possedere una ampia pelliccia di visone, posso anche pensare di non pagarla, ma devo di fatto pagarla se la voglio indossare; posso anche pensare di indossarla quando ci sono 40 gradi all’ombra, ma non posso farlo perché il mio corpo si ribellerebbe. Posso pensare di possedere una lussuosa Lamborghini, ma devo pagarla e non posso scorrazzare in città, né nei sensi vietati, altrimenti oltre alle multe ne va della mia vita. Posso mangiare un gelato ma non posso buttare in strada il cono vuoto, posso accendere una sigaretta, ma non posso fumarla in un luogo chiuso, né buttarne la cicca sul marciapiedi, né fumarne 40 al giorno, mi provocherei un cancro. Gli esempi potrebbero essere infiniti e non sempre accettiamo queste limitazioni che sembrano ridurre la nostra libertà.
Oggi, come da sempre, si fanno numerosi cortei per difendere la propria libertà come diritto acquisito e approvato dalla nostra costituzione in molti articoli nei quali si salvaguarda la libertà personale da vari punti di vista. Ma si ignora che ogni articolo specifica in modo molto dettagliato che questa personale libertà non deve ledere quella altrui, per cui vengono aggiunte norme che ne restringono il settore. Libertà, quindi, non significa fare ciò che si vuole, ma avere rispetto della società e dei diritti che regolano una vita giusta per tutti. Per raggiungere una qualche possibile definizione accettabile di libertà si è cercato di dividerla in due filoni: Libertà positiva (libertà di … – ciò che voglio non mi è imposto, ma sono io stesso a determinare la mia volontà; sono quindi libero: il determinare l’oggetto del volere dipende solo da me) e libertà negativa (libertà da … – ciò che voglio mi è imposto, il determinare l’oggetto del volere è presupposto; quindi non sono libero).
Dal punto di vista filosofico il problema, affrontato fin dai tempi dei greci (Seneca, Euripide, Platone, Aristotele, Epicuro), è rimasto ancora oggi confuso e ambivalente.
Ma che cosa veramente si intende per libertà? Personalmente penso che essere liberi significhi accettare con responsabilità quei limiti che la vita ci impone aprendo la nostra mente al ragionamento, al dialogo e all’analisi interiore, sofferta, profonda, ma che alla fine fa diventare nostro anche un pensiero altrui; una analisi che ci fa comprendere ciò che una mente ristretta considera una imposizione forzata. La libertà non si guadagna scagliandosi contro le regole, ma accettandole, facendole nostre ed uguali per tutti, rendendo la vita dell’umanità uno scambio di opinioni e di doni che serviranno per farci vivere in piena libertà soprattutto interiore.
Non servono i cortei di protesta che con la violenza cercano di inneggiare alla libertà, di definirne il significato per poi acquisire il diritto di esercitare la propria libertà a scapito degli altri. La vera libertà è quella che porta benefici alla comunità e non al singolo individuo. Di quale libertà si parla in un momento in cui il COVID ci sta massacrando tutti senza risparmiare nessuno? In un momento in cui tutti dovremmo avere lo stesso fine: la salute, il lavoro e perché no anche una risata mangiando insieme una pizza? Ma questo si spera di poterlo raggiungere non assecondando il volere degli altri, ma facendo quel volere nostro. Le scelte sono libere quando portano vantaggi alla comunità non quando sono il risultato di un ragionamento egoistico e superficiale; quando sono il risultato della fiducia che riponiamo nella scienza, nella politica, nella natura, nell’essere umano; e non quando sono il risultato della nostra intima insoddisfazione, che con rabbia ci fa scagliare contro l’altro solo per affermare con violenza il nostro punto di vista che non riusciamo a far valere con parole pacifiche accecati dalla insoddisfazione e dalla nostra mente ottenebrata dalla insicurezza. Può la insoddisfazione personale essere appagata dagli screzi che provochiamo a chi ci sta di fronte? Questo non significa essere liberi, ma significa essere prigionieri della nostra cecità interiore. Il problema sembra essere risolto dai no-vax che inneggiano sicuri alla libertà. Diventano i no-vax simili ai gladiatori che da ergastolani cercavano di guadagnarsi la libertà combattendo fino alla morte, e, quindi, privandosi anche della libertà di vivere?