«Siate sempre attenti agli ultimi», il saluto del vescovo Marino

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E sulla vicenda di Angelo: siamo tutti corresponsabili

 

«Vi abbraccio tutti, in questi dodici anni siete stati la mia famiglia, non trovo le parole per ringraziarvi del vostro affetto e sostegno. Questo non è un addio. Nola non è poi così lontana». E’ commosso il vescovo Francesco Marino nella messa di commiato dalla diocesi. La cattedrale è gremita. In prima fila ci sono le autorità, a partire dal sindaco di Avellino ma anche numerosi primi cittadini della provincia. «La chiesa è cresciuta – spiega – abbiamo compiuto insieme alla diocesi un bel percorso di fede, abbiamo superato difficoltà, momenti di crisi ma qui ci sono belle energie culturali e spirituali che possono regalare alla provincia un futuro migliore». Si concede alla stampa poco prima di officiare la cerimonia, inevitabile il riferimento alla triste vicenda della morte di Angelo, senzatetto ucciso dal freddo al Mercatone: «Tutti dobbiamo sentirci corresponsabili di quanto accaduto. Non possiamo attribuire le colpe della tragedia  solo sulle spalle di pochi, ciascuno di noi deve chiedersi cosa ha fatto e continua a fare per Angelo e per chi vive ai margini della società come lui. Penso alla bella risorsa rappresentata dal volontariato. Bisogna investire su di essa. E’ vero che ci sono istituzioni deputate a garantire la giustizia sociale ma sul fronte della carità dobbiamo impegnarci ancora di più». Sul fenomeno migranti, parla di una città accogliente ma ancora impreparata a fronteggiare il problema: «L’accoglienza va organizzata, le istituzioni hanno un compito importantissimo, quello che conta è mettersi insieme, riunire forze ed energie. Inutile puntare sulle grandi strutture, meglio lavorare su modalità di accoglienza più familiari. Ma soprattutto dobbiamo lavorare sul piano culturale, favorendo l’integrazione, un processo sul quale la Caritas è impegnata da tanto». Quindi ripercorre nell’omelia le esperienze condivise con la comunità. «Insieme a voi – spiega – ho preso coscienza dei miei limiti, ma ho sempre avuto la certezza di non essere solo, di avere sempre al mio fianco il Signore». Ricorda il suo impegno per costruire una Chiesa sindoale: « Ho cercato di fare sì che tutte le parti della Chiesa camminassero insieme, il vescovo, i parroci, i laici, le associazioni. Cercate di conservare questa unità della Chiesa, di continuare a camminare uniti. Deve essere questa una Chiesa unita in costante preghiera e in uscita, pronta sempre a dialogare con gli altri, a farsi largo in tutti gli ambienti della vita». Ribadisce come oggi sia sempre più difficile contrastare l’individualismo dialogante, in una società che relega la fede in uno spazio privato: «L’unico strumento per vincere questa battaglia è l’amore, partire da valori condivisi, come può essere quello della famiglia. Da questa consapevolezza è nata la Casa della tenerezza per le famiglie ferite , un progetto che spero vada avanti». Esorta a mantenere viva la fede attraverso le opere della carità «nella nostra città abbiamo bellissimi esempi rappresentati dalla Mensa dei poveri intitolato a Monsignor Forte e dalle opere segno della Caritas. Questa carità dobbiamo mantenerla sempre viva così come la tradizione missionaria di questa comunità che ha dato i natali a Padre Paolo Manna». Sottolinea il valore centrale che può rivestire il dialogo interreligioso, strada sulla quale bisogna continuare a lavorare per porre l’accento su una Chiesa che «continui ad annunciare la salvezza e aprire i cuori». A precedere l’incontro le parole del vicario don Enzo De Stefano che ricorda le tappe dei dodici anni del vescovo alla guida della diocesi, dall’anno giubilare all’assemblea diocesana, fino alla «sfida coraggiosa di istituire un Tribunale ecclesiastico. Porteremo sempre con noi la vostra bontà e pazienza, qualità che sono fondamentali in un buon pastore»