Siccità, Coldiretti: “Si trattiene solo l’11% dell’acqua piovana. Necessari investimenti”

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L’aumento delle temperature estive, gli sfasamenti stagionali, molti più giorni consecutivi con temperature estive elevate e i fenomeni meteo estremi sono gli effetti dei cambiamenti climatici che richiedono interventi strutturali. Lo afferma Coldiretti Campania nel commentare gli effetti sempre più devastanti di una lunghissima siccità. L’Italia è costretta ad affrontare una grave emergenza che, secondo le stime di Coldiretti, è già costata all’agricoltura perdite per 2 miliardi, 200 milioni in Campania. La siccità mette a rischio la disponibilità di acqua anche per usi civili, come già sta avvenendo con razionamenti in molte località della regione.

“Di fronte alla tropicalizzazione del clima – spiega Gennarino Masiello, vicepresidente nazionale e presidente regionale Coldiretti – serve organizzarsi per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi e per poi distribuirla in quelli più siccitosi. La Regione Campania ha già deliberato la richiesta di stato di calamità, ma occorre guardare subito al futuro. In Italia cadono circa 300 miliardi di metri cubi d’acqua ogni anno, ma per le carenze infrastrutturali se ne trattengono solo l’11%. Se questa è la media, il Sud e la Campania sono certamente in una condizione peggiore. Occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, potenziando la rete di invasi sui territori, creando bacini aziendali e utilizzando anche le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere l’acqua piovana. Gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti, come ad esempio il grano varietà “aureo”. L’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio e la competitività dell’intero settore alimentare. Ricordo che sul territorio regionale esistono riserve d’acqua ma con problemi di utilizzazione, che non possono essere più rimandati. Occorre ripartire da lì e realizzarne altri se necessario, magari più piccoli, come una sorta di smart grid idriche”.

In Campania – precisa Coldiretti – esistono quattro invasi principali e altri minori. C’è l’invaso di Campolattaro sul torrente Tammaro, affluente del Calore, in provincia di Benevento, che ha una capacità utile di oltre 100 milioni di metri cubi, ma non ha derivazioni per l’utilizzo dell’acqua. C’è poi l’invaso San Pietro sul torrente Osento, affluente in sinistra dell’Ofanto, in provincia di Avellino, della capacità utile di circa 14 milioni di metri cubi, gestito dal Consorzio della Capitanata con sede a Foggia e utilizzato per l’irrigazione di terreni pugliesi. Ancora l’invaso di Conza sul fiume Ofanto, in provincia di Avellino, con una capacità utile di oltre 60 milioni di metri cubi, le cui acque sono destinate all’acquedotto dell’Ofanto. Poi l’invaso di Piano della Rocca sul fiume Alento con capacità utile di circa 30 milioni di metri cubi destinato ad usi plurimi nel comprensorio del Consorzio di Bonifica Velia. Infine ci sono poi altri invasi minori, ma situati ad altitudini tali da poter servire piccole porzioni di territorio.

A supporto di questa tesi – conclude Coldiretti – si rimanda alla lettura di uno studio pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture nel 2003, a cura di Guido Viceconte e dal titolo “Campania, il sistema idrico”, nel quale a pagina 7 si annota “qualora nel futuro in Campania dovessero sorgere esigenze di acqua ora non prevedibili, non sussistono problemi di reperimento di risorse idriche, ricorrendo alla realizzazione di ulteriori invasi”.