Matteo Renzi continua a meravigliare. Da una parte mostra il volto del decisionismo craxiano, dall’altra tradisce, nei fatti, le risposte ai bisogni reali del Paese. Il risultato del Referendum sulle trivelle gli ha ridato fiato. Lui che, per il ruolo ricoperto, doveva essere arbitro nella contesa, si è schierato apertamente a favore dell’astensione, spaccando ulteriormente il partito di cui è segretario. Ed ora è già in campo per sostenere il voto a favore della riforma della Costituzione. Non spiega. Minaccia. Se sconfitto, afferma, torna a casa. E il suo ragionamento non va oltre la sfida condita di considerazioni senza pensiero. La grande rivoluzione annunciata sarebbe quella di far approdare una riforma che per trenta anni è rimasta ferma al palo. un ritardo inaudito che avrà pure delle sue ragioni. Intanto la Costituzione italiana è tra le più apprezzate nel mondo per equilibrio e difesa delle garanzie. non si dimentichi che essa è il frutto di un lavoro complesso, acuto, svolto da tutti i rappresentanti delle forze politiche risorte all’indomani dell’avventura fascista. Proprio per questo acquisiva esperienze maturate con la Resistenza e la Liberazione. Per il premier questo dovrebbe essere cancellato. La Costituzione, a suo avviso, non si modifica con il concorso di tutti, ma con una maggioranza che, secondo gli ultimi sondaggi, divide il Paese. Cosa di una gravità senza precedenti. tutto questo conferma il suo agire secondo la regola dell’uomo solo al comando. Chi lo circonda è solo ubbidiente, o motivato da interessi di bottega. La stessa informazione, ripiegata su se stessa, è genuflessa ai suoi voleri. basta scorrere le pagine dell’unità, ultima versione, per capire che, tradendo la sua gloriosa storia, quel giornale risponde ad una logica personale più che di apertura ad un dibattito democratico. In realtà Renzi ha dalla sua parte la inconcludenza delle altre forze politiche, particolarmente di sinistra, mentre usa i trasformisti di Forza Italia (i verdiniani) per consolidare il suo disegno per la gestione del potere. C’è chi ipotizza, forse in modo esagerato, che Matteo Renzi di questo passo potrebbe rappresentare un pericolo per la stessa democrazia. Il ricorso continuo al voto di fiducia in Parlamento verrebbe interpretato come un segnale di un perverso decisionismo. Forse è giunto il tempo per una serena riflessione sul come agisce il premier e segretario del Pd prima che poi sia troppo tardi. a me sembra che sia sopportato e non amato.
edito dal Quotidiano del Sud
di Gianni Festa