Di Matteo Galasso
Con il video che è stato divulgato attraverso i canali social del Presidente uscente degli Stati Uniti, Donald Trump, nel quale ha annunciato di aver riconosciuto la propria sconfitta alle elezioni presidenziali, si chiudono due mesi di vera e propria crisi istituzionale, che ha offeso e messo in pericolo i cittadini degli Stati Uniti, oltre che essere a un passo dal compromettere l’affidabilità del sistema democratico del Paese, che stava per essere, per la prima volta in 250 anni, mandato all’aria dalle aspirazioni autoritarie di un singolo.
Dopo le elezioni presidenziali tenutesi il 3 novembre 2020, i cui risultati sono stati confermati, a causa delle differenti modalità di conteggio dei vari Stati, solo 4 giorni dopo, il Presidente Trump, dopo essersi dichiarato vincitore già poco dopo l’inizio dello spoglio, ha deciso di non riconoscere la vittoria del suo avversario politico, il candidato Dem, Joe Biden.
I lTycoon, ritenendo di aver vinto nonostante avesse ottenuto al termine del conteggio dei voti circa 74 milioni di preferenze, contro gli 81 milioni di voti del suo sfidante, ha accusato i democratici di aver truccato le elezioni alterando i voti postali e decidendo di fare causa alle procure in molti degli Stati dove era stato sconfitto. Infatti, a detta di Donald, i 70 milioni di voti postali sarebbero stati truccati, semplicemente perché a maggioranza democratica. Ma, nonostante queste sue accuse, ogni suo ricorso è stato respinto e nonostante continui tuttora ad affermare che ci siano stati brogli elettorali, non ha alcuna prova che ciò sia accaduto. Dal giorno dopo le elezioni, invece, ha iniziato una dura campagna social basata su accuse infondate sull’illiceità del voto, che lo ha portato qualche giorno fa ad essere bloccato da Facebook e limitato su Twitter: anzi molti dei suoi tweet sono stati cancellati perché “violano le regole e possono creare situazioni di violenza”.
Quando l’ennesimo ricorso, presentato il 9 dicembre scorso dal procuratore generale del Texas e firmato da 126 senatori repubblicani, in cui si chiedeva l’annullamento di 20 milioni di voti tra i vari Stati dove i democratici avevano vinto, è stato respinto, il Presidente uscente ha continuato a non riconoscere la sconfitta. Il 14 dicembre il collegio elettorale, composto dai grandi elettori di tutti gli Stati, ha infatti eletto Joe Biden Presidente, ma nonostante ciò, Trump non si è arreso, pur se gli stessi membri della sua cerchia più ristretta provano a fargli capire che il suo mandato sia finito.
Il 3 gennaio scorso i servizi segreti intercettano una chiamata in cui Trump avrebbe chiesto al Segretario di Stato della Georgia di aggiungere dei voti in più a suo favore al conteggio, affinché vincesse in quello Stato. Il 6 gennaio, dopo le elezioni del Senato che in Georgia –dove per un regolamento interno avvengono in modo posticipato rispetto agli altri Stati – ha visto i Democratici avere la maggioranza, Donald ha organizzato un incontro pubblico nel prato della Casa Bianca al quale hanno aderito migliaia di suoi sostenitori, giunti da ogni parte del Paese, radunatisi senza alcuna osservanza delle regole anti-covid sotto il palco da cui ha parlato il Presidente.
Nel frattempo a Capitol Hill, che è la sede del Parlamento degli Stati Uniti, si apre alle 13.00 la seduta che proclamerà formalmente Joe Biden Presidente. Il Vice Presidente Uscente, Mike Pence, che è per diritto costituzionale anche Presidente del Senato, dovrà riconoscere l’elezione di Biden. Pence, al quale Trump aveva chiesto pubblicamente di ribaltare l’esito delle elezioni, sfruttando i suoi poteri al Congresso, si rifiuta pubblicamente di ascoltare Trump, dichiarando di non poter interferire con la volontà dei cittadini. A seguito di questa sua dichiarazione, i migliaia di sostenitori di Trump, aizzati quasi esplicitamente dal Presidente uscente, iniziano a marciare verso Capitol Hill. Arrivati davanti al Parlamento, sgretolano i cordoni della polizia e fanno irruzione nell’edificio, spaccando vetrate, entrando e sventolando bandiere non americane, ma confederate, o addirittura quelle usate durante la campagna elettorale di Trump, costringendo a sospendere la seduta e a far scortare fuori dall’edifico Pence e i Senatori.
In breve, il Presidente Uscente non accettando la sconfitta e non essendo riuscito a ribaltare per vie legali il risultato elettorale si è appellato ai suoi sostenitori, chiedendogli l’assalto al Tempio della Democrazia Americana: un po’ come quando Mussolini, per ottenere il potere chiese ai suoi uomini più fedeli di marciare su Roma in suo nome, non essendo riuscito ad ottenere la maggioranza alle elezioni.
Dopo due ore dall’accaduto, Biden, dal suo ufficio, chiede a Trump di appellarsi ai suoi sostenitori invitandoli a ritirarsi dal Congresso. Il Tycoon, isolato persino dal suo vice, esegue la volontà del Presidente eletto, ma alla registrazione dove chiede ai suoi di ritirarsi, aggiunge nuovamente che le elezioni sono state compromesse e ringrazia i suoi sostenitori per quanto hanno fatto con un “vi vogliamo bene”. Il giorno dopo, una Capitol Hill blindata dalla guardia nazionale proclama Biden Presidente.
Gli Stati Unitisi sono visti sopraffatti da un evento che non si era mai verificato in passato: un Presidente sconfitto che non solo non accetta la sconfitta, ma arriva addirittura a guidare indirettamente i suoi seguaci ad una manifestazione violenta con lo scopo di arrestare un processo costituzionale e democratico. Senza dubbio è stato un brutto colpo per un Paese che dall’inizio della sua storia è sempre stato libero da ogni assolutismo o autoritarismo, esportando addirittura il proprio modello democratico in tutto il mondo. Anche se dopo poche ore è stata ripristinata la normalità e il resto della transizione si svolgerà senza intoppi, il Paese che Biden governerà a tutti gli effetti dal 20 gennaio è avvelenato da una politica fondata sulla paura, la rabbia, l’odio e il cospirazionismo: un Paese profondamente diviso. Il comportamento inconcepibile del Presidente in questi quattro anni di chiusura internazionale, ha portato all’indebolimento degli USA, limitando il progresso democratico che ha sempre distinto gli americani dai loro grandi avversari globali.
Sempre più persone tendono negli ultimi anni ad avvicinarsi purtroppo a tendenze autoritarie: infatti, anche se Trump ha perso, ha comunque ottenuto più voti della scorsa tornata elettorale. L’era Trump finisce nella vergogna, ma il Trumpismo potrebbe essere appena iniziato. La democrazia si è rilevata fragile e l’attacco alla libertà dei cittadini, che hanno legittimamente eletto il proprio Presidente, allo stato di diritto e alla sovranità popolare, lo ha solo indebolito ulteriormente.