Stato padrone? La voglia matta dei Cinquestelle 

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Nella corsa, quasi ossessiva, nel dover dare ad ogni costo una “parente – la” alla natura camaleontica del Movimento Cinquestelle- un giorno di destra, un altro di sinistra, un altro ancora da parodia guevarista si è avanzato di recente anche un improvvido paragone con la Democrazia Cristiana. Niente di più sbagliato e di lontanissimo dalla Dc sotto ogni profilo: formativo, di visione del Paese, democrazia interna, profili del tutto approssimativi se non addirittura inesistenti nei “penta stellati” . Se proprio si vuole trovare qualche audace affinità, essa sta in un “cruccio” storico, che fu non solo della Dc ma anche dei partiti della prima Repubblica e ora addirittura da “voglia matta” nei Grillini, nel volersi assicurare il controllo dell’economia, indispensabile per esercitare il potere e mantenere il consenso. Cambiano i suonatori, ma la zolfa peggiora sempre di più . Subito dopo la guerra, il primo a porsi il problema con molto pragmatismo fu De Gasperi, per il quale, parole sue: “I voti non sono tutto. Le leve di comando decisive in un momento economico così grave non sono in mano né degli elettori né del governo. Oltre ai nostri partiti, in Italia vi è un “quarto partito”, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e di rendere vano ogni nostro disegno. Non si governa l’Italia senza attrarre nella nuova formazione di governo , in una forma e nell’altra, i rappresentanti di questo partito , del partito di coloro che dispongono del denaro e della forza economica”. Il tempo di dirlo e fu subito collateralismo, alleanza con Confindustria, i cui vertici, sopravvissuti al crollo del fascismo, continuarono a contare anche con l’avvento della Repubblica. Una scelta molto utile di “recupero padronale”, del pieno controllo sulla struttura produttiva e sull’uso della forza lavoro, giova ricordare, dagli esiti “miracolistici” per la ripresa del Paese, soprattutto del Nord, il più favorito da una preesistenza industriale . Se De Gasperi puntò su Confindustria, sul capitalismo privato, in seguito Fanfani e l’avanzante sinistra Dc, fecero l’opposto con il varo del ministero delle Partecipazioni Statali, il ripristino cioè di uno “Stato Padrone” e rapporti stretti inevitabili – non sempre trasparenti – fra classe politica e industria di Stato. Che mandò su tutte le furie il fondatore stesso del Partito Popolare don Luigi Sturzo, ostile da sempre ai condizionamenti perversi dello statalismo nei settori fondamentali delle costruzioni, infrastrutture, erogazioni del credito e strategia energetica, grazie a un potere capillare, blindato di Banche e aziende di Stato senza eguali in Europa. Non da meno furono i socialisti, subentrati con spirito di rivalsa al lungo monopolio della sinistra Dc nelle Partecipazioni Statali . Fini poi che la prima grande crisi energetica mondiale fece emergere la vulnerabilità delle imprese parastatali con conseguenze disastrose : dismissioni, perdite e svendite scandalose e rarissimi casi di “economia del ripristino”. Chi, dopo il voto del 4 marzo, pensava che tutto questo facesse parte di un passato irripetibile, deve ricredersi: il governo del cambiamento ha un profilo antico. Pur di restare a galla venderebbe l’anima al diavolo . Un indizio del genere s’era già annunciato con il “cumulismo ministeriale” di Di Maio, vicepremier titolare di un trittico nevralgico: Sviluppo economico, Lavoro e Politiche sociali, cui sono poi sono seguite le esternazioni del premier favorevoli alla ricette interventistiche, di nostalgie dirigiste e l’occupazione di poltrone finalizzate a tali disegni. Che ora si stanno materializzando con commissariamenti a catena e un lessico insistente come “nazionalizzazione”, sentito per Alitalia e anche nel recente promesso salvataggio della banca “Carige” di Genova. Tornando ai moniti lontani di don Sturzo, già profetico su uno statalismo anacronistico in un Mercato Comune libero, appena nascente , si rendono conto Di Maio e compagnia cantante che l’Europa di oggi- cui hanno dovuto chinare il capo, dopo averla sbertucciata- tutto potrà consentirgli, tranne aiuti, aiutini, manine e zampette di Stato?

di Aldo De Francesco