Stefania Fanelli: “Abbiamo il dovere di provare a cambiare il destino di questa Regione”

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I promotori della lista TERRA, pensano che salute e ambiente, oggi siano la sfida più alta che abbiamo di fronte. TERRA intende contrapporsi alla vecchia politica senza promesse demagogiche. Ci sono due candidati copresidenti: Stefania Fanelli e Luca Saltalamacchia. Stefania Fanelli è consigliera al Comune di Marano, ma soprattutto una storica attivista del movimento antidiscarica dell’area nord di Napoli. Luca Saltalamacchia, è un avvocato ambientalista che ha vinto importanti cause, persino contro ENI. Hanno scelto la copresidenza, attingendo dalla tradizione democratica curda. Propongono una lista per un futuro sostenibile.

Stefania Fanelli perché hai deciso di candidarti in questa lista?

Quando le compagne, i compagni e i movimenti, mi hanno chiesto di candidarmi, ci ho dovuto riflettere un po’ perché non è una sfida semplice. Poi ho pensato: quando in un progetto ci credi veramente non puoi tirarti indietro. La credibilità di un progetto la danno anche i profili e la credibilità delle storie personali che lo sostengono. I progetti sono portati avanti da gambe e braccia, da testa e cuore di donne e uomini della nostra terra. Ho pensato che tutti insieme
abbiamo il dovere di provarci fino in fondo, a cambiare il destino di questa Regione.

Pensi che l’amministrazione De Luca abbia gestito bene i trasporti?

Al sistema dei trasporti in Campania non servono nuove opere miliardarie basate su una visione Napolicentrica, ma piuttosto realizzare linee tranviarie moderne per collegare i Comuni delle aree metropolitane ad alta densità abitativa e gli snodi di spostamento (porto/aeroporto/Ferrovie). Allo stato attuale, abbiamo l’EAV cioè sia la rete Vesuviana che Cumana, a gestione regionale, che offre all’utenza un servizio imbarazzante sia in termini qualitativi che quantitativi. La metropolitana di Napoli 1 sconta una cantierizzazione ormai cinquantennale, con conseguenti ritardi di consegne che intrecciandosi, con crisi economica e ultimamente il Covid, continuano a spostare in avanti consegne che dovevano già essere state rese disponibili alla città con la diretta conseguenza che siamo ben oltre la media europea dei tre minuti di attesa. La stazione ferroviaria di Afragola consegnata senza alcun collegamento su ferro, è una beffa per i cittadini delle aree metropolitane. I collegamenti regionali ferroviari scontano come in tutto il Paese, poche corse negli orari da pendolari (quindi affollamento ) treni vecchi e spesso sporchi. In vista dei fondi del Recovery fund, tutto il settore merita urgenti investimenti e una rivisitazione profonda gestionale di base pubblica, per sostituire la macchina privata come principale mezzo di spostamento dei cittadini in Campania.

Cosa fare per contrastare l’incenerimento illegale dei rifiuti, gli incendi che cancellano le tracce delle discariche abusive, i commissariamenti straordinari.

Bisogna costruire subito una filiera pubblica per lo smaltimento dei rifiuti speciali e un grande osservatorio sulle aziende che ancora lavorano nel sommerso.
Sulla gestione dei rifiuti si materializza tutto il fallimento delle gestioni Caldoro e De Luca. Il piano delle azioni per il contrasto dell’abbandono e dello sversamento illegale dei rifiuti e contro i roghi dolosi sancito dalla delibera di giunta regionale N. 548 del 10/10/2016 è totalmente fallito.
Come è totalmente fallito il piano del ciclo dei rifiuti giacché lo stesso Viceprefetto Iorio dichiarò la scorsa estate, quando partecipai ad un’ audizione in Regione Campania in una seduta di commissione sui roghi tossici, che erano aumentati del 26% i roghi dei rifiuti solidi urbani domestici. La crisi della frazione organica dell’estate scorsa ne è un chiaro esempio. L’impiantistica sul compostaggio è rimasta ferma agli annunci, senza il coinvolgimento e la partecipazione delle comunità locali, come la rimozione delle ecoballe, così come i piani delle bonifiche dei siti inquinati. I biodigestori, visti come la soluzione per l’umido, però non vanno costruiti in area di coltivazione di prodotti biologici di eccellenza, come per il biodigestore che vorrebbero costruire a Chianche in Irpinia, dove si coltiva il Greco di Tufo, che produce un vino bianco DOCG conosciuto e apprezzato in tutto il mondo. Non vanno costruiti in questo tipo di territorio, perché i biodigestori anaerobici producono percolato, che è incompatibile con la vocazione di queste aeree.
Bisogna far pagare tariffe molto più alte a chi non adotta la raccolta differenziata e bisogna superare la logica delle discariche e degli inceneritori, prevedendo di realizzare quei punti previsti dalla legge Rifiuti zero, puntando sulla riduzione a monte dei rifiuti, il recupero e il riutilizzo. Solo così si può realizzare un’economia circolare virtuosa che non porta più ad interrarre (discariche) e bruciare (inceneritore) rifiuti, una gestione virtuosa dei rifiuti, occasione di lavoro attraverso riciclo e riutilizzo. Si possono ad es., incentivare le aziende della filiera dei rifiuti, ad inserirsi nelle aree dei piani di insediamento produttivi dei territori (aree Pip).

Che bisognerebbe fare per mettere il sicurezza il territorio?

Ad ogni evento sismico e piovoso ci ritroviamo a piangere vittime. La degradazione del suolo è la principale fonte del dissesto idrogeologico. La cura e la manutenzione del territorio sono scelte
indispensabili per il nostro Paese, in modo particolare per la nostra Regione, teatro di grandi speculazioni edilizie e governata a colpi di condoni. Finché il governo del territorio sarà guidato dalle rendite e dalla speculazione edilizia, dagli affari illeciti, continueranno a persistere
le condizioni di degrado nelle aree metropolitane delle città, producendo devastazione ambientale e danni alla salute pubblica. Oltre ad intervenire sulla prevenzione con l’efficientamento energetico ed antisismico, bisogna avviare una grande moratoria contro il consumo del suolo anche attraverso il restauro del patrimonio naturale paesaggistico e culturale. Troppo spesso il consumo del suolo non ha dato neanche risposte all’emergenza abitativa, bisognerebbe puntare su un piano di recupero e di riqualificazione dell’esistente che producono anche lavoro, marginalizzando le grandi imprese colacemento. Una grande operazione di manutenzione del territorio riguarda anche la rivisitazione della rete idrica. Proprio in questi giorni i Comuni a Nord di Napoli sono rimasti senza acqua, con questa calura ed emergenza Covid, tutto è ancora più drammatico. Dispersioni continue della rete, fanno lievitare i canoni idrici mettendo in ginocchio i Comuni e quindi, le famiglie. Le uniche grandi opere pubbliche che ci interessano sono quelle che riguardano la manutenzione del territorio.

Cosa pensi della legge regionale 15 del 2015? Cosa farete in merito? E della decisione di dare in gestione l’invaso di Campolattaro alla società privata Acqua Campania?

La legge regionale 15 del 2015 limita fortemente il potere decisionale dei sindaci e delle comunità locali, e rinnega il referendum votato da 2 milioni e 400 mila cittadini campani, volto alla gestione interamente pubblica e partecipata in tutti i Comuni. De Luca non ha rispettato l’esito referendario, mentre in campagna elettorale diceva di essere per l’acqua pubblica.
La nuova legge ha istituito l’Eic, Ente idrico campano, quale ente di governo del servizio idrico integrato. È l’Eic a decidere sulla gestione dell’acqua in Campania. Si tratta del cosiddetto Ato unico regionale. L’Ato unico centralizza a livello regionale le decisioni e riduce l’autonomia degli enti locali. 20 uomini scelti dalla Regione potranno affidare governance e fonti dell’acqua a multinazionali. E i sindaci che rappresentano i cittadini sono stati esclusi dalle decisioni: una grossa ferita per la democrazia. Secondo questa legge ci sono cinque Ato distrettuali che corrispondono ai cinque ambiti territoriali preesistenti. Ma resta il fatto che solo l’Ente idrico regionale adotta il Piano d’ambito, individua il soggetto gestore e provvede all’affidamento del servizio, sia pure nel rispetto delle forme gestionali definite da ciascun Consiglio di distretto. Questa legge inoltre penalizza il Comune di Napoli e la sua esperienza di ripubblicizzazione dell’acqua, perché il riferimento alla rappresentanza demografica mette in minoranza il Comune di Napoli. Napoli, con il suo milione di abitanti, ha meno rappresentanti dell’insieme dei comuni della Città metropolitana. È in pericolo il progetto di gestione interamente pubblica attuato mediante la trasformazione della vecchia Arin nell’Abc. Questa legge è un aiuto a Gori e a tutti i gestori privati e obbedisce a un disegno delle multinazionali, che è quello di creare una grande multiutility di tutto il centro sud che gestisce, acqua, energia, rifiuti.
Insomma, questa legge regionale promuove una politica sull’acqua pubblica in continuità con quella della giunta Caldoro che era stata bocciata dalla Corte costituzionale. E in contrasto con il voto degli italiani nel referendum del 2011. Bisognerebbe quindi cancellarla e ripubblicizzare la gestione dell’acqua in tutta la Regione.
La Provincia di Benevento ed Acqua Campania SpA hanno presentato un progetto per la potabilizzazione dell’invaso di Campolattaro (Bn), a seguito del protocollo d’intesa sottoscritto tra le parti il 15 maggio del 2019 per la potabilizzazione e l’utilizzo per fini irrigui dell’acqua dell’invaso. La potabilizzazione e l’utilizzo per fini irrigui dell’acqua della diga potrebbe diventare una grande opportunità per lo sviluppo dei nostri territori. Siamo in presenza di un’opera colossale, perché l’invaso raccoglie quasi 100 milioni di litri cubi d’acqua e la sua potabilizzazione sarebbe in grado di erogare 2.600 litri di acqua al secondo. Quello che non va bene è che la gestione dell’invaso sia affidata ad Acqua Campania SpA che non è affatto pubblica ma ha fra i suoi azionisti la potente multinazionale francese Veolia, Caltagirone e altri privati.

La pandemia ha messo in luce i disastri di 10 anni di commissariamento. La sanità ha subito drastici tagli al personale e alle strutture che dovrebbero garantire salute. Che fare?

Abbiamo assistito in questi anni alle conseguenze di clientele e corruzioni che, attraverso la logica dei “piani di rientro” dal debito sanitario, hanno prodotto enormi tagli dei posti letto, accorpamenti di divisioni specialistiche, della cancellazione di interi ospedali, di riduzione di ben due terzi dei posti letti della terapia intensiva, della destrutturazione di pronti soccorso, della soppressione dei primi soccorsi territoriali determinando di fatto una Sanità che si avvia sempre di più verso la privatizzazione, mettendo una pietra tombale sul diritto alla cura. Bisogna assumere personale sanitario e ripristinare gli ospedali soppressi. La Sanità non è un campo da cui si deve trarre profitto. È un dovere dello Stato curare tutti e bene.

La Campania è in una condizione di altissima precarietà e di disoccupazione fuori controllo. Crisi ambientale e crisi sociale credi siano connesse?

La prolungata crisi che stiamo vivendo è una crisi economica a cui si affianca una crisi ambientale, di cui l’evidenza più palese è il cambiamento climatico, nonché una crisi sociale, in cui il peggioramento della qualità della vita si accompagna ad una crescita delle disuguaglianze. Sono moltissime le evidenze che ci mostrano come negli ultimi dodici anni, il nostro modello di sviluppo abbia intaccato l’ economia, così come pure la vita della società e la natura. È necessario un nuovo modello di sviluppo orientato alla sostenibilità, che si accompagni con la salvaguardia e valorizzazione dell’ambiente: la nostra casa comune, come l’ha definito Papa Francesco, capace di fornirci risorse essenziali per la vita. La Green Economy può essere la soluzione perché costituisce un’importante opportunità per le imprese che hanno deciso di investire in tale ambito. L’annuale rapporto di Unioncamere e Fondazione Symbola, ci mostra come quel terzo di imprese che hanno effettuato investimenti green negli ultimi anni esportano di più, sono più innovative e presentano dati di fatturato migliori. Anche le ricadute occupazionali appaiono molto interessanti: più lavori, stabili, qualificati, legati all’innovazione.

Di Giuseppina Buscaino