Sturno e quel monumento murato 

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Nella contrada Aia del Gallo, nella valle dell’Ufita, nel comune di Sturno, Avellino, non molto distante dallo stabilimento della Fiat, presso la casa colonica della famiglia Melchionne, sono murati da vecchia data dei reperti archeologici di un certo rilievo che, purtroppo, sono in uno stato di abbandono e di dimenticanza. I reperti in questione, tutti in pietra locale, databili alla prima metà del I sec. d.C; si riferiscono ad un’epigrafe funeraria, in parte mutila, ad un blocchetto parallelepipedo con patera ombelicata in aggetto, residuo probabilmente di un monumento funerario distrutto e ad un cippo, egualmente funerario, di cui si conserva la parte superiore ornata di cornice con lo specchio epigrafico completamente levigato; provengono dalla vicina area archeologica di S. Leucio. Particolarmente interessante è l’iscrizione, disposta su quattro righe, lacunosa al lato sinistro che, in parte integrata, così recita: [DIS] MANIBVS [] EVMENIAE [FE]CIT [] LVPVLA Alla seconda e alla quarta riga, davanti ad Eumenia ed a Lupula mancano i praenomina sui quali non è possibile avanzare ipotesi di attribuzioni, poichè è obliterato qualsiasi accenno epigrafico. Non sappiamo se l’epigrafe di Eumenia era inserita in un contesto di elementi architettonici, oppure è un pezzo isolato, deposto sulla sepoltura come semplice sema a suo ricordo. Il blocchetto litico con patera ombelicata in aggetto, testè menzionato, murato sotto l’iscrizione, forse starebbe a significare che è stato rinvenuto insieme all’iscrizione medesima e, pertanto, ad essa associato in sede di riutilizzo, mentre il cippo, che è ben altra cosa, è murato a parte, lontano dai due reperti, proprio per fare una distinzione? Se ciò corrisponde al vero, bisogna arguire che Lupula aveva dedicato ad Eumenia un monumento funerario prestigioso, secondo i canoni dell’architettura funeraria dell’epoca, privilegio di un ceto sociale benestante; perciò questa donna irpina della valle dell’Ufita , nel territorio di Sturno, vissuta circa duemila anni fa, avrebbe goduto di un certo benessere economico e di uno status sociale preminente in una società contadina, largamente rivalutata da Augusto, ma non ancora scevra da forme di schiavismo ancestrale e di soggezione. Comunque, Lupula è un cognomen latino derivante da Lupa, di cui è il diminutivo; compare, secondo il Forcellini nel suo dizionario dell’onomastica sulle iscrizioni, a volte come cognomen ingenuum, a volte libertinum: Per ora, Lupula, fra le iscrizioni note in Irpinia, è attestata soltanto su quella della valle dell’Ufita, in territorio di Sturno, contrada Aia del Gallo, proveniente dall’area archeologia sepolcrale di S. Leucio. Fuori dal territorio irpino ad esso confinante, ricorre su un’iscrizione rinvenuta a Lavello, antico centro a sud-est di Venosa, identificato con Forentum, ora conservata nel Museo di Potenza. (Cfr. M. Chelotti, Rivisioni venosine, in Scienze dell’Antichità. Storia Archeologia Antropologia, 6-7, 1992-1993, p. 114). Lupula di Lavello, a differenza di quella di Sturno, che rimane una donna socialmente indefinibile, non solo per la incompletezza dell’epigrafe, ma anche per i dubbi che emergono dall’elemento architettonico con patera ad essa abbinato in sede di riutilizzo, ha uno status sociale ben definito, correlato al mondo servile; essa, infatti, dedica l’iscrizione alla madre carissima Adepta, serva di Silvia Occia, donna che porta due gentilizi, di cui il secondo con uso cognominale (Cfr. M. Chelotti come supra). Ricorre invece, in Irpinia nel municipium di Compsa un C. Baebius Lupulus della tribù Galeria, alto magistrato investito di varie cariche municipali al quale fu assegnato il luogo della sepoltura per decreto dei decurioni. (Cfr. Th, Mommsen; C/L, IX, n. 975). Eumenia, l’altra donna dell’epigrafe sturnese, in contrada Aia del Gallo, è un nome di origine greca, divenuto, sembra, cognomen, nel mondo romano, come riferisce il Forcellini nel già citato dizionario dell’onomastica;”Eumenia- nomen est etiam muliebre, quod et in cognomen romanorum transiisse videtur”, Certo, è interessante sottolineare la presenza di questo nome femminile greco, in ambiente sannitico romanizzato, in una zona interna rurale di cui il centro importante più vicino era il municipium di Aeclanum dove, forse, Eumenia era approdatata prima volta e, successivamente, era trasmigrata in una villa rustica come ancella alle dipendenze di Lupula. Ad Aeclanum, infatti, la presenza di elementi greci ed il contatto con il mondo greco sono documentati sia da un’epigrafe da me recuperata anni addietro nella veste di direttore del Museo Irpino, dove la collocai e catalogai con il n. 44, sia da un’ansa rodia con bollo. L’epigrafe riferisce di alcuni personaggi, tutti di origine greca, di cui due, padre e figlio, esercitarono la professione di medico. L’ansa rodia con bollo, epì Kallikràteus Thesmophorfou, che è un rinvenimento del primo scavo archeologico condotto da O. Onorato negli anni “60, rispetto al quale, successivamente, è stato evidenziato ben poco di nuovo, pur nella sua singolarità, è una pregevole testimonianza dei contatti commerciali di Aeclanum con il mondo greco. Tuttavia, alla luce del nuovo complesso archeologico di Fioccaglia, nel comune di Flumeri, nella valle dell’Ufita, di cui si ignora il nome, nè le fonti vi fanno riferimento, emerso per prima con lo scavo di W. Johannowsky nel 1986 che, in verità, di Fioccaglia è stato il pioniere e, successivamente, tra il 1989-1990 con un altro scavo di M. Teresa Cipriani per incarico della competente Soprintendenza archeologica di SA-AV-BN, che allargò l’area di ricerca con risultati eccezionali, si potrebbe anche ipotizzare che Eumenia sia approdata la prima volta in questo centro anonimo della valle dell’Ufita che mantenne frequenti contatti e scambi con il mondo esterno, come si rileva dalle evidenze archeologiche . Infatti, anche se la durata della sua vita fu breve, risalendo la sua fondazione al periodo graccano e la distruzione alla fine del I sec. a. C., primi decenni I sec. d. C., il complesso di Fioccaglia di Flumeri, riferisce M. Teresa Cipriani, Il sembra essere inserito nel vivace circuito commerciale della costa tirrenica: i prodotti che vi giungono, in genere, sono di buona qualità, del tutto simili a quelli rinvenuti in altri contesti tardo ellenistici. Inoltre, i contenitori da trasporto testimoniano una realtà di importazioni dalle zone costiere campane, e forse anche dalle laziali giunge il vino di media e buona qualità; dall’Egeo un vino speziato di particolare pregio; dall’Africa probabilmente l’olio”. Cfr. M. Teresa Cipriani, L’indagine Archeologica, Lo Scavo, in La Romanizzazione in Irpinia, il Complesso di Fioccaglia di Flumeri-Mostra documentaria, Museo Irpino 21 gennaio 1991).

Di Consalvo Grella pubblicato il 14/08/2013 sul Quotidiano del Sud