Sud, troppi silenzi

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Il meridionalismo in versione renziana si arricchisce di una nuova dizione, ma anche di una nuova contraddizione. Per presentare il piano d’intervento a favore di un Sud, sempre di più abbandonato e in caduta libera, il premier ricorre al Master plan, termine originale per definizione forse meno per contenuti come lo fu ,invece, la Cassa del Mezzogiorno ideata nel dopoguerra o la Nuova Programmazione a favore del Mezzogiorno varata da Ciampi alla fine degli anni ’90, entrambi interventi in parte risolutivi di annosi e atavici problemi che assillavano il Sud. Il piano di Renzi, sconta un vizio della contemporaneità: è pieno di annunci di cose che chissà quando si faranno e se si faranno. D’interventi a favore del Sud negli ultimi anni ne sono stati dichiarati molti con qualche precedente piano caduto in sordina, come quello del ministro Tremonti che restò lettera morta, anche per l’antimeridionalismo viscerale della Lega. Il Master Plan di Renzi, al netto di alcune interessanti misure a favore del Sud come l’allungamento a tre anni delle agevolazioni fiscali per chi assume, per il resto è ancora da scoprire, tranne la realizzazione o il completamento delle grandi opere che da decenni o non sono state ultimate oppure sono ancora in fase di progettazione. Il capitolo delle infrastrutture così si tramanda di piano in piano. Esempio clamoroso di questa lunga e sofferta telenovela è il completamento della Salerno Reggio Calabria, un eterno cantiere che dal 1990 non ha reso ancora fruibile l’intero percorso. All’eterna incompiuta si aggiungono opere appena iniziate come l’Alta capacità Napoli-Bari che non ha ancora un progetto dettagliato e finale tanto che il tratto che interessa l’Irpinia, con la famosa stazione di Grottaminarda non è definito né nel progetto esecutivo, né nel cospicuo quadro economico a causa di un difficile e tortuoso percorso che comporta un notevole aumento della spesa che scoraggia la realizzazione dell’opera, come si sta affermando proprio in questi giorni. E così per alcune indecisioni le grandi opere infrastrutturali si allungano nei tempi di realizzazione. Ritardi ingiustificati le cui cause sono da ricercare nelle lungaggini burocratiche, nell’assenza spesso di finanziamenti certi, per non parlare della macchinosa e bizantina procedura delle gare di appalto e dei suoi affidamenti spesso condizionati dai poteri malavitosi che continuano ad allungare i propri tentacoli sulla gestione delle opere pubbliche nel Mezzogiorno. Ritardi ingiustificati se si pensa alla celerità con cui sono state realizzate le opere pubbliche addirittura nel secolo scorso, quando il neonato Regno d’Italia dal 1861 al 1871 realizzò ben 5200 km di strada ferrata. Un autentico prodigio pari all’altro primato centrato ancora in un decennio quando tra il 1960 e il 1970 fu costruita in Italia una delle più moderne ed estese reti autostradale in Europa. Renzi parla di Sud e la classe dirigente Sud invece è afona. Sembra un silenzio non omertoso ma solo di attesa. Eppure per una strana coincidenza tutte le Regioni meridionali sono governate da esponenti del partito di Renzi. In Campania c’è Vincenzo De Luca, in Puglia Michele Emiliano in Calabria Mario Oliverio in Basilicata Marcello Pittella e anche la Sicilia di Rosario Crocetta può essere comunque ascritta a Regione il cui governo è espressione del centrosinistra. I Governatori, con la sola eccezione di Crocetta, hanno in tasca la tessera del PD, anche se non sono tutti espressione del renzismo. Il Mezzogiorno è in mano al partito Democratico che avrebbe dovuto porre al centro del dibattito nazionale il Mezzogiorno come fece la Lega negli anni 90, quando impose la questione settentrionale all’attenzione dei governi di centrodestra ma anche dell’intera opinione pubblica. Ma in questi primi mesi di Governo del centrosinistra nelle regioni meridionali il fervore meridionalista dei Presidenti delle Regioni ancora non emerge. Anzi c’è una sorta di silenzio aspettando i finanziamenti di Renzi con il suo Master plan. Eppure la questione del Sud non riguarda solo i trasferimenti di risorse ma anche l’attenzione nazionale di cui il Mezzogiorno avrebbe bisogno per rendere la questione meridionale d’interesse generale e non solo elettorale come spesso è capitato negli ultimi decenni, in cui il Sud come nell’epoca giolittiana è stato solo un serbatoio di voti per i Governi di turno.