Svegliamoci da questo torpore

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Le clamorose dichiarazioni di Maria Carmela Rozza sull’emergenza coronavirus in Lombardia, fanno un po’ di luce sulla vicenda delle residenze sanitarie per anziani che hanno registrato un numero enorme di decessi a causa della pandemia. Maria Carmela Rozza, di origini ragusane, infermiera professionale, attualmente consigliere regionale del PD lombardo, con un linguaggio chiaro e coraggioso ha affermato che “ci sono stati errori gravi, anzi gravissimi. In una lettera del 3 marzo, il gruppo consiliare PD aveva chiesto che i pazienti positivi non venissero inviati subito negli ospedali e che le RSA in cui c’erano già stati casi di coronavirus, venissero trasformati in centri Covid. Non ci hanno dato ascolto. La colpa di quei morti è mia.  Non ho saputo fermare Gallera e Fontana. Non è stato possibile evitare che gli ospedali si infettassero, lasciando i pazienti in corsia con la sola mascherina chirurgica. Nella delibera regionale del 30 marzo si chiedeva alle RSA di non trasferire negli ospedali gli ultrasettantacinquenni, violando apertamente la Costituzione ed il diritto di essere curati. Si è deciso di lasciare morire gli anziani”. Credo non sia opportuno addentrarci nel ginepraio dei provvedimenti regionali lombardi, emessi nei giorni drammatici dell’acme della pandemia, ma qualche considerazione umana e sociale va responsabilmente fatta indipendentemente dagli esiti dell’inchiesta giudiziaria ancora in atto. Indipendentemente affermo, come persona anziana che più volte, anche dalle colonne del nostro quotidiano, ha tentato di delineare dei contributi sofferti sulla questione “anziani”, all’interno di un dibattito spesso più incline ai fatti di cronaca in materia che ai problemi di sostanza ad essa connessi. Non è stato casuale che più volte, ho sostenuto che le persone anziane sono una preziosa risorsa sociale per una molteplicità di ragioni, pedagogiche, culturali e spirituali. Di questa risorsa, purtroppo, una certa cultura dominante, ha tentato sempre di trarne solo gli aspetti più convenienti, lasciando che le famiglie di appartenenza delegassero alle istituzioni, pubbliche o private, la gestione complessiva dei problemi socio-sanitari. A tal proposito un amico di vecchia data, dal temperamento polemico ma incisivo, spesso ama sostenere che attualmente c’è più attenzione evidente per i cani e per i gatti che per le persone anziane. All’interno della situazione delineata, ho anche sottolineato, che le famiglie di appartenenza delle persone anziane, assillate solo dall’esigenza di soluzioni immediate del problema, non hanno mai avvertito la necessità di dotarsi di uno strumento di rappresentanza sociale per la tutela della qualità umana e socio-sanitaria della vita dei propri congiunti ospiti delle RSA. È triste rilevare, frattanto, che i comitati delle famiglie di questi anziani sono sorti e si sono attivati solo dopo la morte per coronavirus e per la terribile sepoltura – senza un momento estremo di saluto e di preghiera di suffragio – dei congiunti stessi; peraltro le agenzie funebri sono state sollecite ad inviare regolare fattura per il servizio prestato. Tutto questo è avvenuto nella super sviluppata regione Lombardia con i suoi servizi socio-sanitari di eccellenza. Tutto questo è avvenuto nella stessa Lombardia dove le istituzioni regionali hanno comunicato alle RSA di non inviare negli ospedali i malati di coronavirus ultrasettantacinquenni. Senza nessun intento polemico, ma con un minimo di indignazione civile e cristiana, debbo ricordare che tutto questo è stato possibile in virtù di una classe dirigente regionale illuminata! Chi ha orecchie per intendere intenda e poiché, già attualmente, nulla è come prima, svegliamoci tutti dal torpore interiore che uccide la speranza e la nostra identità civile e spirituale.

di Gerardo Salvatore