Tornare a casa

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A differenza di altre città che in questi giorni si spopolano, Avellino vede un record di presenze. In tanti tornano dalle vacanze per essere in città per l’Assunta e molti, dai mille “altrove” dove il lavoro o l’amore li ha dispersi, sentono il “richiamo della foresta” per stare in questi giorni nella città dove hanno avuto i natali o hanno condiviso la scoperta della vita con amici d’infanzia e d’adolescenza. Il Vescovo non si illude che tutti tornino per la Solennità dell’Assunta o per volgere lo sguardo alla dolce immagine che sfilerà stasera per le vie della città, eppure, anche solo il desiderio di stare con la propria famiglia in questi giorni ha a che fare indirettamente con il mistero che si celebra nelle nostre chiese. L’Assunzione di Maria in cielo è il ricongiungersi con il Figlio che, come ogni mamma, ha portato in seno per nove mesi, entrare come regina nella gloria, ricevere la corona per il dolore portato con amore, per l’amore sopportato nonostante il dolore. “Finalmente!” dice la Madre, “Finalmente!” risponde il Figlio e gli angeli in coro. L’Assunzione di Maria è la Pasqua della Madre che segue Gesù nella morte e nella risurrezione, il fiondarsi di un corpo femminile nella gloria di Dio dopo che l’Ascensione aveva fatto altrettanto per un corpo maschile, quello di Gesù di Nazaret. L’Assunzione è una festa di luce, di canti, di cieli che si aprono, di tombe profumate di rose, di gente che smette di guardare a terra e, sorridendo, manda in alto i cuori. Ritroviamo in Maria Assunta un futuro dolce e certo per i nostri corpi, epifania della vita, anche quando sono segnati dal dolore della malattia o dalle rughe del tempo. “Bentornata a casa!” dice Dio Padre a Maria e ripete Giuseppe, lo sposo che l’ha custodita con il manto della legalità. “Casa” ha il sapore del pane, il profumo delle lenzuola pulite cui una mano femminile ha accostato fiori di lavanda, la gioia della mensa intorno a cui siedono piccoli e grandi, giovani e anziani. “Casa” ha il volto e le voci delle persone care, la prima volta di un dolore e di un amore, le ginocchia sbucciate inseguendo un pallone nel cortile cui più del disinfettante che bruciava faceva bene il bacio della mamma, il sole che accarezza i mobili e li fa scricchiolare per il piacere, un balcone fiorito di gerani, una tenda incinta dal vento, il profumo del ragù che dalla cucina invade le stanze e la tromba delle scale. “Casa” è il ventre di nostra madre dove abbiamo avuto il nostro primo indirizzo, la culla con il carillon, il sapore del latte, il colore del seno morbido come nessun cuscino, una finestra sul mondo da cui impazienti ci hanno chiamati gli amici. Maria torna a casa e anche tu lo fai in questi giorni di “Palio della Botte”, di dolce bighellonare in Piazza Libertà o per il Corso. Qualcosa ti chiama, Qualcuno ti reclama per sé impaziente di riaverti nelle braccia in una pace finalmente ritrovata. “Casa” è la voce del cuore che ti dice che non può finire tutto qui, ma ci aspetta un “altrove” dove saremo finalmente noi stessi e finalmente insieme. Per questo torniamo ad Avellino in questi giorni e, a volte senza saperlo, sentiamo che ciò che è accaduto per Maria sarà vero anche per noi, qualsiasi sia il tormento dell’oggi.

Il Vescovo Arturo Aiello