Corriere dell'Irpinia

Tra posizioni estreme e compromessi

Questa lunga ed estenuante trattativa con la commissione europea sulla manovra ci insegna che all’attuale classe politica manca una dote essenziale: il silenzio. Un tempo prima di prendere una decisione, di avviare un confronto importante si valutavano i pro e i contro e poi dopo attente riflessioni veniva compiuta la scelta definitiva. In questi giorni invece abbiamo assistito ad un rincorrersi di dichiarazioni, tweet, dirette facebook, senza un attimo di tregua. Salvini e Di Maio hanno occupato la scena politica smentendo spesso nel giro di poche ore affermazioni fatte da loro stessi. Una confusione mediatica figlia di questi tempi. Ha scritto Filippo Ceccarelli, autore di un libro dal titolo evocativo “Invano” per indicare un potere delle vanità, che i politici di oggi Renzi, Salvini o Di Maio non hanno una storia alle spalle, non hanno dei maestri ma sono persone che si sono fatte da sé. La loro scuola è la televisione o i blog su internet. Nella bistrattata Prima Repubblica prima di arrivare a fare il deputato o il senatore c’era una indispensabile “gavetta” che cominciava nelle sezioni e poi si passava in consiglio comunale e poi ancora in quello regionale fino ad arrivare per chi aveva più filo da tessere in Parlamento. Adesso si passa con una facilità irrisoria dal lavoro quotidiano in un ufficio alla scrivania di un ministero. E allora l’effetto è quello di una improvvisazione che non si può nascondere. Da questa mancanza di cultura politica nascono le continue gaffe istituzionali o televisive. Il consenso non può essere scambiato per una continua rappresentazione del proprio agire. Io ci sono e dunque parlo per voi. Salvini in piazza ha detto di trattare con l’Europa a nome di sessanta milioni di italiani anche quelli che non lo hanno votato e mai lo faranno. Ma al massimo il leader leghista può rivendicare oggi di avere la fiducia del Parlamento e della maggioranza di governo. Un eccesso giustificato in nome di una popolarità crescente ma non sufficiente per esprimere una totalità. E nel recente passato anche Berlusconi prima e Renzi poi si sono sempre espressi in nome dell’Italia. Una interpretazione figlia della loro narrazione che è molto diversa da quella del passato. I democristiani sapevano perfettamente che mezzo paese li votava convintamente ma una fetta consistente si rivolgeva all’altra “Chiesa” quella comunista e dunque non avevano la tendenza all’esagerazione ma alla moderazione. Caratteristiche che i tempi attuali non conoscono. Come dice ancora  Ceccarelli i politici adesso vivono dentro una bolla di rappresentazioni, iperconnessi con una comunity che oggi c’è e domani non più. Sono il frutto della rapidità e la subiscono e rischiano di scambiare il consenso con la curiosità verso di loro. Ed inoltre si vestono nello stesso modo. Renzi in camicia bianca, Salvini con la felpa e Di Maio in giacca e cravatta. Si è passati da un look standard anche a formule nuove. I governi nascevano sulla base di un compromesso tra forze politiche diverse. I programmi elettorali si amalgamavano mentre oggi si sommano. Cinque Stelle e Lega hanno dato vita così al famoso contratto che contiene tutte le riforme ritenute fondamentali per i rispettivi elettorati. Reddito di cittadinanza e decreto dignità per il Movimento Cinque Stelle, abolizione della Legge Fornero e decreto sicurezza per la Lega. Un modo di procedere che inevitabilmente si scontra con la logica di tenere in ordine i conti pubblici.  Forse Salvini e Di Maio pur conoscendolo poco hanno messo in pratica la lezione del grande economista britannico John Keynes convinto che quando il risultato che si vuole raggiungere è un compromesso, allora spesso è prudente iniziare da una posizione estrema.

di Andrea Covotta edito dal Quotidiano del Sud

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