Un Ferragosto anomalo per la politica

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Un ferragosto anomalo per la politica di casa nostra. Nel cuore del mese dedicato da sempre alle vacanze è saltata l’alleanza di governo giallo-verde. Un rapporto che come in alcuni matrimoni è durato in realtà veramente poco. Da tempo Salvini e Di Maio erano l’uno contro l’altro in ogni occasione. Ora il piano del leader leghista è semplice: elezioni subito con un vincitore annunciato, lui stesso. E’ il grande animatore di questa estate con il suo tour sulle spiagge di tutto il paese. E c’è un luogo che più di altri ha segnato questo periodo è il Papeete Beach di Milano Marittima. Un tempo sulla riviera romagnola andavano in vacanza le famiglie italiane. Rimini e Riccione le spiagge del primo benessere. Oggi il protagonista è il ministro dell’Interno, in costume da bagno, torso nudo, cocktail in mano, che riceve i suoi fedelissimi con attorno ragazzi e ragazze. Sarà anche per questo che Salvini piace, cresce nei sondaggi allontanandosi dalle istituzioni perché si vanta: io sono uno che sta in mezzo alla gente e le vacanze le trascorro in Italia: preferisco essere a Milano Marittima che all’estero. Salvini domina la scena politica anche a ferragosto, ha ridotto la politica a tecnica di potere e la legislatura, nei suoi calcoli, è appesa solo alle sue decisioni. E’ in questa narrazione che si inserisce il tour sulle spiagge di Salvini che ha toccato anche il Mezzogiorno perché ormai è chiaro che la Lega con il passato secessionista e federalista non c’entra più nulla. Oggi è la nuova destra. Un partito nazionale con poche parole chiave: il pericolo migranti, l’Europa dei No, l’abbassamento delle tasse.  Tutti impegni che Salvini non vuole prendere con altre forze politiche, basta contratti di governo, l’unico accordo è quello di fronte al popolo italiano che dovrebbe legittimarlo attraverso il voto. A questo disegno si oppongono tutti i suoi numerosi avversari. Il premier Conte farà le sue comunicazioni la prossima settimana in Senato e all’orizzonte potrebbe profilarsi l’inedita nuova maggioranza tra Pd e Cinque Stelle, ancora più inedita perché a provare a metterla in piedi non sono stati Di Maio e Zingaretti ma Renzi e Grillo, due personaggi che si sono odiati e forse si odiano ancora. L’impresa di unire forze molto diverse rimane molto difficile. L’obiettivo è quello di darsi un programma, provare a durare l’intera legislatura e arrivare ad eleggere il successore di Mattarella nel 2022 ma al momento una vera intesa è molto lontana e per durare realmente servirebbe una maggiore solidità.  Salvini ha fiutato la trappola e per evitarla ha proposto di votare la riforma grillina del taglio dei parlamentari e poi subito dopo le elezioni. Un colpo ad effetto ma più teatrale che politico perché senza un governo in carica non ci può essere nessuna riforma costituzionale che una volta votata dal Parlamento ha bisogno di mesi per entrare in vigore. Il sipario è sicuramente calato sul “governo del cambiamento” che in realtà poco ha cambiato soprattutto nello spettacolo politico. Liti e zuffe quotidiane che hanno di fatto impoverito non solo il ruolo del governo ma anche quello del Parlamento che da tempo ha perso ruolo e autorevolezza. Le sedi del potere sono sembrate altre. E’ cresciuto in questi anni il potere dei leader si è ridotto quello delle istituzioni. Come ricorda il direttore di Repubblica Carlo Verdelli “a giudicare dall’oggi le elezioni che verranno, quando verranno non le vincerà il migliore. E allora per citare una frase dello scrittore Albert Camus nei tempi bui, resistere è non consentire menzogne. Una massima che vale per l’uomo solo al comando ma anche per i volenterosi promotori di alleanze temerarie”.

di Andrea Covotta