Corriere dell'Irpinia

Un leader senza eredi

Di Guido Bossa

Non solo la famiglia e le aziende, ma anche il mondo della politica era in qualche modo preparato all’uscita di scena di Silvio Berlusconi, che di fatto non era più da tempo un protagonista della vita pubblica italiana e tanto meno di quella internazionale. Al momento della sua leggendaria “discesa in campo”, trent’anni fa, fu l’inventore del populismo in salsa italiana; ma nelle due ultime legislature, quando il populismo fu portato al governo prima dalla lega di Salvini e poi da Beppe Grillo e dai suoi, la sua stella era già tramontata, e a lui toccò la parte del comprimario, anche se va detto che l’ha interpretata con grande classe, con la battuta sempre pronta, più da avanspettacolo che da primattore, ma comunque in grado di tenere la scena. Ora, nel declino anche fisico del suo protagonismo, stava tentando di ritagliarsi un ruolo di mallevadore per portare la destra italiana ex fascista nel salotto buono della politica europea, assicurando così un futuro dignitoso anche ai suoi pallidi eredi politici: un berlusconismo senza Silvio, insomma, l’ultimo colpo di teatro prima del congedo. Non gli è riuscito. Troppo invadente la personalità di Giorgia Meloni, che da subito ha cominciato a giocare in proprio le sue carte; ma soprattutto troppo sguarnito il suo campo, privo di vere leadership e sovrabbondante di aspiranti successori non in grado di tutelare e accrescere l’eredità. Forse nessuno dei “numeri due” di Forza Italia che nel corso degli anni hanno tentato la scalata al trono del partito aveva veramente i numeri, il “quid” necessario per riuscire nell’impresa, forse lui stesso non era convinto della necessità di mettersi da parte: fatto sta che oggi dietro di sé Berlusconi non lascia un successore, e il partito è allo sbando. La famiglia, che resta il nucleo più solido del berlusconismo, deve pensare alle aziende, il cui rapporto con la politica non è più scontato come un tempo; a parte la Mondadori che resta solidamente nelle mani di Marina, le reti televisive hanno a che fare con un mercato globale che sconfina oltre l’Europa e in cui l’Italia è solo una provincia. Forza Italia, in questa galassia in ebollizione, è un pianeta quasi spento e presto, senza Silvio, potrebbe essere anche una palla al piede. Ma se succedesse sarebbero guai per tutti. Perché, appunto, resterebbe incompiuto l’ultimo progetto del berlusconismo: quello della garanzia europea alla destra italiana, che non affonda le sue radici nel moderatismo postdemocristiano, ma si alimenta ancora al calore della fiamma repubblichina. Che in Europa suscita ostilità. Trent’anni fa l’irruzione di Silvio Berlusconi sulla scena politica italiana fu uno shock per l’Europa, attenuato però dal seguito di dirigenti ex democristiani ed ex socialisti, che il Cavaliere portava con sé, tutti ben conosciuti nelle capitali che contano; oggi non è così. I cognati e i camerati di Giorgia Meloni non offrono le stesse garanzie; e la recente passerella, peraltro infruttuosa, di Cartagine, della presidente del Consiglio italiana, potrebbe non potersi ripetere più.

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