Un liberale atipico. Lo studio di Della Casa su Berlin

0
829

Di Vincenzo Fiore

Nato nell’estremità occidentale dell’Impero zarista, precisamente a Riga, nell’ultimo decennio prima della Rivoluzione bolscevica, Isaiah Berlin è stato uno dei maggiori teorici della libertà del secolo scorso. Una libertà intesa come trionfo dell’azione individuale, slegata dalle ingerenze statali e culturali. La sua famiglia, di origine ebraica, temendo ripercussioni da parte del governo rivoluzionario guidato da Lenin, decise di trasferirsi a Londra, città dove Berlin crescerà e si formerà. Spesso dimenticato – a vantaggio di altri pensatori liberali come Popper, con il quale entrò anche in polemica – a gettare nuova luce sulla sua opera e sul suo pensiero è lo studioso Alessandro Della Casa con il suo nuovo saggio “Isaiah Berlin. La vita e il pensiero” (Rubbettino, 2018). Della Casa, dopo un lungo e accurato lavoro di ricerca, non solo chiarisce i punti cruciali del pensiero del filosofo, dalla critica ai nazionalismi aggressivi al pluralismo culturale e valoriale, ma regala al lettore una visuale inedita attraverso l’analisi di documenti e di carteggi finora rimasti nell’ombra. Se l’attualità di Berlin risiede nel voler applicare i principi del liberalismo all’interno dei confini nazionali – anticipando così un orientamento che si espande sempre più non solo in Europa – fondamentale e forse più attuale, è la questione intorno a un possibile sionismo “dal volto umano”, sionismo definito da Berlin come «la moderna espressione dell’ideale liberale»; ideale basilare senza il quale esso perde ogni meta concreta: «L’assassinio, l’agguato, il rapimento, l’omicidio di uomini innocenti, sono estranei allo spirito del nostro movimento. (…) Il sionismo doveva segnare la fine delle nostre morti gloriose e segnare l’inizio di un nuovo sentiero che portasse alla vita. Contro gli eroismi della violenza suicida io richiamo il coraggio della sopportazione, l’eroismo della resistenza sovrumana. (…) Se possa innalzarsi a quel coraggio sincero oltre la codardia morale del terrorismo, è la sfida che la storia pone alla nostra gioventù».