Un paese fragile, riforme necessarie

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Due mesi fa è scomparso Ciriaco De Mita e chissà cosa avrebbe detto l’ex segretario della Democrazia Cristiana della crisi politica che ha portato alle dimissioni di Draghi e al voto anticipato, certamente la sua lezione è ancora attuale: quando ad un problema complesso offri una soluzione facile, vuol dire che non hai capito il problema. Il punto, dunque, non è la caduta di un esecutivo e nemmeno le elezioni politiche tra due mesi, la questione è appunto più complessa e riguarda una crisi di sistema. Tre governi con tre maggioranze diverse in una legislatura, trecento parlamentari che hanno cambiato partito, due Presidenti del Consiglio non eletti, un pulviscolo di sigle e movimenti nati in pochi anni e che rapidamente entrano ed escono di scena. Il Parlamento ridotto da tempo a votare provvedimenti solo con la fiducia escludendo dibattiti e approfondimenti sulle varie questioni. A marzo del 2018 i Cinque Stelle sono nettamente il primo partito italiano, un movimento nato come forza antisistema, in quattro anni e mezzo governa il Paese con tre coalizioni diverse tra di loro, poi improvvisamente ritorna nuovamente ai tempi del “vaffa” e vedremo adesso se gli italiani apprezzeranno o meno questo zig zag politico. E ancora, due Presidenti della Repubblica riconfermati in meno di dieci anni da un Parlamento incapace di trovare delle alternative a due figure pur autorevoli e credibili come Napolitano e Mattarella. A proposito di Quirinale, a gennaio Mario Draghi non fu indicato dai partiti per il Colle perché ritenuto indispensabile a Palazzo Chigi, a distanza di pochi mesi quel suo ruolo necessario è diventato superfluo ed è stato sfiduciato da gran parte delle forze politiche che lo ritenevano una sorta di salvatore della patria. In pochi giorni emergenze considerate cruciali come la guerra in Ucraina, la pandemia, il recovery da rispettare, la riforma fiscale, l’inflazione e le tensioni sociali a causa della crisi economica, possono aspettare e vedere una soluzione solo con il nuovo governo in carica e cioè tra qualche mese. Politicamente si capirà presto se questa rottura avrà conseguenze politiche e cambierà gli assetti attuali resta però lo sconcerto per una classe dirigente capace solo di fare una perenne campagna elettorale. Una stabilità solo apparente, una legislatura dura più per necessità che per convinzione. Una sorta di fuga dalle responsabilità e un inseguimento dell’opinione pubblica che viene assecondata senza nessuna capacità di guidare un processo. Lo scrittore Antonio Scurati che con M. Il figlio del secolo ha vinto nel 2019 il Premio Strega, non ha dubbi: “Il populismo si alimenta delle cosiddette passioni tristi: rabbia, delusione, sconforto, risentimento, soprattutto paura. La caratteristica della leadership populista, che fu inventata da Benito Mussolini, è di non avere idee, principi, strategie proprie ma di valersi della supremazia tattica del vuoto, di essere come un vaso che si riempie dei malumori dell’elettorato, li fiuta, li asseconda, li alimenta, soffia su di essi. Non li precede, semmai li segue”. L’Italia di questi anni come ci racconta un interessante analisi del New York Times è un Paese che non cresce ed è fermo da decenni, il debito pubblico incredibilmente alto ha ostacolato gli sforzi per rilanciare la nostra economia. La disoccupazione giovanile è sempre elevata e la disuguaglianza regionale è profondamente radicata. In questa atmosfera di declino, i messaggi più semplici come l’individuazione di un nemico possibile, l’Europa o i migranti, ad esempio, trovano attenzione e ricezione da parte dei ceti più deboli. Un paese fragile che avrebbe bisogno di riforme incisive e inclusive e non di divisioni e propaganda. La campagna elettorale è iniziata o per meglio dire non si è mai interrotta.

di Andrea Covotta