Un progetto per il Mezzogiorno

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La tempestività con la quale la ministra Carfagna ha convocato gli “Stati Generali” del Mezzogiorno è un segnale positivo da non sottovalutare. Riportare il Sud al centro della agenda del governo nel pieno della devastante “guerra del Covid”.

Riportare il Sud al centro della agenda del governo nel pieno della devastante “guerra del Covid” dove si intrecciano deficienze strutturali del sistema sanitario, incapacità politica e operativa del governo e delle Regioni, è obiettivo di assoluto rilievo.

Si tratta di un passaggio cruciale in rapporto alle scelte che il governo Draghi dovrà assumere sul Recovery Fund e sulle connesse politiche di sviluppo. La stessa partecipazione di Draghi sembra connotare in modo nuovo l’interesse verso il Mezzogiorno insieme alla consapevolezza che sugli obiettivi, tempi e modalità degli interventi, si gioca una partita che investe non solo il futuro del Sud ma del “Sistema Paese”.

Si tratta, infatti, di una occasione unica per avviare, finalmente, politiche di sviluppo per la rinascita economica, sociale, produttiva post-Covid insieme all’obiettivo strategico di avviare un ciclo “storico” per il superamento del divario Nord-Sud. Il Covid ha aumentato gli squilibri. Il gap è diventato un “muro di Berlino”. Nel Mezzogiorno la crisi economica e la crisi sociale hanno dimensioni devastanti.

La “Questione meridionale” va oggi letta, interpretata e affrontata in termini radicalmente diversi dal passato sul piano culturale, politico, dei programmi. Vanno rovesciate le priorità come i “canoni storici” di riferimento, a partire dal livello e qualità dei servizi ai cittadini, iniziando dalla scuola e dalla formazione a tutti i livelli. Il nuovo Mezzogiorno non ha bisogno di “assistenzialismo riverniciato”, di nuovi “interventi straordinari” e nemmeno di una nuova Casmez.

Ha bisogno, invece e urge, una “rivoluzione culturale”: fare del Sud il motore del nuovo sviluppo unitario del Paese: partire dal Sud per riversare e innescare sull’insieme del paese gli effetti moltiplicatori degli investimenti “strutturali e strategici”. E’ il salto culturale sollecitato ormai da un ampio arco di forze meridionaliste e riformatrici: Sindacati, Confindustria, Economisti, Associazioni, Cultura e la stessa Chiesa.

E’ il fronte della politica che resta attardato, senza idee, senza una visione innovativa del futuro e senza proposte. Capitoli: le grandi infrastrutture rimettendo al centro portualità, aeroporti e logistica che per la Svimez sono garanzie di sviluppo e connettono il Sud con l’Europa e il mondo; la reindustrializzazione green e la tutela dell’ambiente; l’agroindustria; il turismo connesso alla Cultura e all’Arte; la rifondazione della Sanità Pubblica partendo dai territori e dai diritti dei cittadini; lo sviluppo mirato delle Aree Interne che non è solo l’Alta Velocità.

Certo, la Napoli – Bari e Reggio Calabria ma servono anche e soprattutto le “reti trasversali” come la Eboli-Calitri connettendo Tirreno e Adriatico, la Piana del Sele con le aree agricole della Puglie e con Melfi; la linea ionica come le reti vecchio West della Sicilia; la fruibilità di moderne e efficienti reti idriche, energetiche, telematiche Il tema delle aree interne, in particolare, richiede una chiave di lettura diversa dal passato: c’è arretratezza ma anche tante energie in movimento, nell’agro alimentare come nei servizi e nel manifatturiero che vanno sostenute con l’obiettivo prioritario di radicare i giovani sul territorio.

E’ importante, al riguardo, che gli “Stati generali” raccolgano il contributo specifico, ancora attualissimo, scaturito dalla iniziativa dei Vescovi delle Diocesi di Avellino, Benevento, Caserta e Salerno, “Mezzanotte del Mezzogiorno”, sullo sviluppo delle “Aree Interne” della Campania, svoltosi lo scorso anno, alla Casa della Pace di Benevento , Non solo si sottolineava il silenzio e il disimpegno della politica e dei governi, nazionale e regionale. su un tema nevralgico per il Sud ma si indicavano linee concrete di azione.

Il nodo culturale e politico è, dunque, cancellare la logica degli “interventi a pioggia “per puntare su obiettivi strategici che valgono per tutto il Sud e per il “Sistema Paese .

Gli “ Stati Generali”, con Recovery Fund e politiche nazionali e regionali coerenti e connesse, debbono costituire l’occasione forse irripetibile, per delineare un programma – quadro, realistico e innovativo, per fare ripartire l’Italia finalmente dal Sud. Il governo Draghi deve decidere tra politica economica innovativa e conservatorismo pseudo-efficientista. Non c’è tempo da perdere. Se non Draghi, chi?

di Nando Morra