Una forte e significativa storia

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Un modo per celebrare una storia passata ma che continua ad attraversare anche il nostro presente. Si chiama “Nostalgia dell’Avvenire”, come lo slogan coniato da Giorgio Almirante a fine anni ’60, la mostra che la fondazione Alleanza Nazionale ha organizzato nella sede di Via della Scrofa a Roma per i 70 anni dalla fondazione del partito (26 dicembre 1946). La destra italiana che si riorganizza subito dopo la seconda guerra mondiale. Un percorso che nasce con i reduci della Repubblica di Salò, con il peso della sconfitta cucito addosso e con la nostalgia del ventennio mussoliniano e che arriva fino alla diaspora di AN. In mezzo gli scontri durissimi con i “rossi” durante la contestazione giovanile e gli anni di piombo e la vicinanza con ambienti implicati nelle trame eversive o stragiste. Ma il Movimento Sociale è stato anche e soprattutto altro. Un partito che al Sud aveva delle storiche roccaforti e che ha segnato in alcuni passaggi la storia della Prima Repubblica. Lo ha fatto, ad esempio, nel 1960 quando l’allora Presidente del Consiglio il democristiano Tambroni ottiene la fiducia del Parlamento grazie a 24 voti determinanti del Movimento Sociale Italiano. C’è uno spostamento a destra degli equilibri politici che favorisce il tentativo del partito neofascista di uscire dall’isolamento in cui era stato relegato. In questo quadro il governo autorizza lo svolgimento del congresso nazionale dell’MSI a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. Esplode la protesta della popolazione e scoppiano violenti scontri fra manifestanti e forze dell’ordine. Risultato: l’esecutivo è costretto a dimettersi. Da Palazzo Chigi al Quirinale. MSI decisivo sia nel 1962 e successivamente nel 1971 per l’elezione al Colle rispettivamente di Antonio Segni e Giovanni Leone. Il leader incontrastato del partito è Giorgio Almirante. Grande oratore e abile comunicatore. Scalda le piazze e se le cava benissimo anche davanti alle telecamere durante le prime Tribune Politiche, le “nonne” degli attuali talk show. Almirante padre politico di Gianfranco Fini che a Fiuggi cambia il corso della storia della destra neofascista. All’alba della cosidetta Seconda Repubblica Fini è il segretario di un partito che non riesce ad uscire dal suo recinto. In modo abile cavalca l’onda di Tangentopoli e si candida a sindaco di Roma contro Rutelli. Perde ma di poco, la sua è una “sconfitta da vincitore”. Quando Berlusconi inventa Forza Italia, Fini cambia il nome al MSI che diventa Alleanza Nazionale. Nasce una strana carovana che mette insieme ex democristiani ed ex missini uniti con la Lega di Bossi. Un impasto tenuto insieme da Berlusconi che vince le elezioni del ’94. Cerniera indispensabile è Pinuccio Tatarella che viene ribattezzato “ministro dell’armonia”. Personaggio chiave per la destra italiana. Oggi quel mondo che si è dissolto solo poco tempo fa ci appare già lontanissimo. Gli eredi di An si barcamenano tra una miriade di sigle per lo più ridotte a testimonianza o poco più, con rapporti umani sempre più deteriorati. Il partito più grande è certamente Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni che però più che ai nostri confini guarda a quelli esteri. Il modello è la francese Marine Le Pen che si candida all’Eliseo con possibilità di vittoria e non solo di pura testimonianza. Al momento in Italia invece prevale più la nostalgia. Milioni di persone che come sostiene lo storico Giuseppe Parlato, “si sono riconosciute in un simbolo, la fiamma tricolore, in un linguaggio, in un concerto di voci talvolta dissonanti, in una ritualità che oggi è più difficile decifrare. Facile dire: i fascisti, o i neofascisti. Il Msi, alla sua nascita, fu il rifugio dei vinti, di chi era dalla parte sbagliata e che voleva continuare ad esserlo”.
edito dal Quotidiano del Sud