Una nuova legge elettorale

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I partiti, dopo l’ultima scoppola delle elezioni presidenziali, per ripartire recuperando un’azione rigeneratrice, hanno bisogno, tra l’altro, di una nuova legge elettorale che dia loro la possibilità di riprendere un dialogo con il proprio elettorato e riorganizzarsi sul territorio. Una legge elettorale che offra due garanzie: la prima, di formare coalizioni più coese e omogeneo e assicurare una governabilità più stabile; la seconda che restituisca al popolo sovrano il diritto, costituzionalmente sancito, di nominarsi i propri rappresentanti, diritto che gli è stato ignominiosamente sottratto dai patiti divenuti nel frattempo lobby di potere.

Una nuova legge elettorale è la “conditio sine qua non” per ritrovare una possibilità di tornare ad essere come la Costituzione li ha immaginati all’art. 49 nel quale si afferma il diritto dei cittadini di associarsi liberamente in partiti per concorrere, con metodo democratico, a determinare la politica nazionale. L’elemento “cittadino” predomina sul concetto di “partito”, organismo dei cittadini non proprietà dei leader (il riferimento a Foza Italia, proprietà di Berlusconi è solo l’iceberg).

Ma i partiti faranno una nuova legge elettorale allo scadere di questa legislatura? Il tempo e la propaganda sono un grosso ostacolo che non hanno mai favorito un dialogo costruttivo. Il segretario del P.D. Letta, che pure vorrebbe mettere mano alla stesura di una nuova legge elettorale, è scettico perché –dice- che nei cittadini prevale la volontà di dover far fronte innanzitutto alla crisi energetica e al caro bollette. Trovare quindi un accordo specie con la Lega in questa condizioni appare molto difficile.

Due considerazioni. La prima: fermare l’emorragia dei voti è non più eludibile e, ormai, la maggioranza degli aventi diritto al voto diserta le urna. La seconda che il caro bollette non si risolve con la politica dei rimborsi a debito e degli scostamenti di bilancio che non possono durare in eterno perché abbiamo il più alto debito pubblico d’Europa (il 156%del PIL) e dobbiamo, prima o poi, farlo scendere per almeno la metà, né si può continuare in una politica di benefici a tutti abbassando contemporaneamente le tasse. Elsa Fornero, sulla STAMPA di sabato scorso, scrive che per superare la crisi energetica bisogna tassare i profitti. E la Fornero non è una rivoluzionaria di sinistra! Ma sono d’accordo La Meloni/Salvini e Berlusconi?

Ma se si dovesse veramente mettere mano ad una nuova legge elettorale quale sistema sarebbe da preferire? Il maggioritario, il proporzionale nei metodi classici o con correzioni? Con il maggioritario, seppur pasticciato all’italiana, abbiamo continuato ad avere coalizioni instabili   e caduche, come è dimostrato dalla fine dei governi Prodi, Berlusconi e Conte. In quest’ultima legislatura si sono succedute ben tre maggioranza diverse e si è dovuto ricorrere ad un tecnico del calibro di Draghi per non sciogliere il Parlamento.

La via maestra sarebbe scegliere un modello, proporzionale o maggioritario e applicarlo nella sua interezza senza arzigogoli, adattamenti, furbizie. Il maggioritario con doppio turno alla francese ha sempre funzionato e assicurato stabilità, scelta dei candidati, rapporti tra eletti ed elettori nel territorio. Il proporzionale dovrebbe prevedere il voto di preferenza e uno sbarramento non inferiore al 3/5%.Ilprimo costringerebbe a fare coalizioni prima del voto, il secondo dopo. Si studiano modelli alternativi come quello tedesco o spagnolo, di difficile applicazione, nel tentativo di accontentare tutti. Ma anche stavolta si finirebbe nel fare il solito pasticcio all’italiana. Più probabilmente non se ne farà nulla e si andrà a votare con il rosatellum.

di Nino Lanzetta