Un’Italia che va avanti e indietro

0
1883

Da un anno, ormai, il Covid ci ha abituato a tante stranezze. Tuttavia, l’altalenante, zoppicante e contraddittorio calendario delle restrizioni nelle festività natalizie appartiene a pieno diritto a quelle cose che – potremmo dire, parafrasando il film “Blade Runner”- noi umani non avremmo potuto immaginare! A cominciare dalla girandola sull’età e sul numero dei parenti in visita. Soprattutto, costituisce un profondissimo mistero dello spirito quale sia stata la logica che  ha indotto il governo a stabilire tutta  Italia zona rossa solo dal 24 al 27 dicembre, arancione dal 28 al 29, di nuovo rossa dal 31 dicembre al 3 gennaio, poi arancione il 4, quindi nuovamente rossa il 5 e 6 gennaio. Un avanti e indietro che trasmette un messaggio confuso e contraddittorio. Comunque, per evitare mal di testa e multe, è vivamente consigliabile l’uso di un mini-calendario tascabile per sapere cosa è possibile fare o  non fare!

Eppure, nella sua stessa conferenza-stampa era stato proprio il premier a sottolineare che, a  fronte dei molti indicatori in salita o comunque persistenti a livelli alti, “tra i nostri esperti c’è una forte preoccupazione di un’impennata nei contagi nel periodo natalizio”. Il risultato è stato l’ennesimo compromesso (al ribasso) tra spinte opposte. Esse, portate avanti dai differenti soggetti istituzionali detentori di potere politico (Presidenti di Regione, Sindaci, ecc.) o associativo (Confindustria, Confcommercio, ecc.), hanno prodotto un risultato nè carne nè pesce. Effetto della mediazione tra troppe e contraddittorie istanze che è toccato al premier comporre quale responsabile ultimo. Esso però è anche la conseguenza del disordine istituzionale che regna nel nostro Paese. Accresciuto nell’ultimo  ventennio dalla sciagurata riforma costituzionale del 2001, voluta dal centro-sinistra, che ha messo sullo stesso livello di rilievo costituzionale gli enti locali, le regioni e lo Stato. Con l’effetto, alla lunga, di ritrovarci quasi sempre i sindaci delle grandi città e i “governatori”,come delle brutte copie dei sovrani medioevali nei propri territori. Populiste. Intolleranti. Prepotenti. E vanitose ! Quella riforma, varata per arginare la crescita del leghismo, si è dimostrata disastrosa soprattutto perchè, nell’allargare a dismisura le competenze degli enti territoriali, non ha fissato alcuna “norma di chiusura”, cioè alcuna autorità prevalente. Neppure in caso di emergenze nazionali! Questo stato di cose dimostra, tra l’altro, l’inconsistenza della leggenda metropolitana (vivacemente propagandata dai due Matteo) di un Conte ormai uomo solo al comando o aspirante tale. Se così fosse non sarebbe costretto a faticosissime mediazioni che, come in questo caso, producono un risultato non soddisfacente! E’ invece il non sapere chi deve fare cosa, la ragione per la quale stiamo pagando prezzi altissimi. Dimostrati dalle ordinanze regionali annullate dalla Corte Costituzionale e dalle tante difficoltà di dialogo istituzionale. Ne è un esempio il tragicomico balletto, in Campania, tra De Luca e De Magistris! L’incertezza e le necessità di condivisione istituzionale hanno, spesso e drammaticamente, segnato o ritardato l’adozione o l’entrata in funzione delle misure anti-covid. Condivise  a fatica dai governatori. Talvolta platealmente smentite. O addirittura contraddette. In un indecente scaricabarile di responsabilità che, in una fase di emergenza, dovrebbero essere invece condivise!

L’incertezza non si fermerà. Dopo la tregua di fine anno, necessaria per approvare la legge di bilancio, la politica riprenderà il suo spazio.  E’ già cominciata l’offensiva di Renzi, che è arrivato a vantarsi, mentre muoiono centinaia di italiani al giorno: “Dal punto di vista tattico ho fatto un capolavoro, perché li ho messi tutti con le spalle al muro”. I suoi giochi irresponsabili rischiano di rendere difficile il cammino dell’esecutivo, in un momento in cui, invece, dovrebbe avere la piena agibilità politica per avviare il concreto utilizzo dei massicci aiuti stanziati dall’Ue. Sarebbe gravissimo se, alla fine, si dovesse registrare un catastrofico bis dei fondi europeri ordinari, che il nostro Paese sistematicamente non risce a spendere !

di Erio Matteo