“Uno a te, uno a me”

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Il dibattito sino al momento in cui Barbara Bellerio, magistrato della Corte di Appello di Milano, non interveniva era inamidato. Così lo ha descritto dalle pagine del Corriere della Sera Luigi Ferrarella. La dottoressa Bellerio “allenta la cravatta al dibattito” (inamidato) della prima giornata itinerante dell’associazione nazionale magistrati neo presieduta dal dottor Piercamillo Davigo. Cosa è successo? In che è consistito questo allentamento? La dottoressa Bellerio avrebbe, intervenendo quasi a conclusione del dibattito, posto questa domanda: “vorrei che l’associazione Anm si occupasse anche delle nomine “a pacchetto” fatte dal Consiglio Superiore della Magistratura…” Se vera, e non v’è motivo di ritenere che l’affermazione riportata dai giornali non sia vera, è atto di accusa gravissima. Sempre secondo quanto riportato dalle cronache il Dottor Davigo accoglie e rilancia: ”le nomine “a pacchetto” all’unanimità sono una prassi orribile perché somigliano non alla convergenza su qualità riconosciute, ma all’accordo su questo posto a me, quello a te e quell’altro ancora a lui”. Altra accusa gravissima. È stata la polemica che ha investito l’opinione pubblica nei giorni scorsi creando non poco sconcerto. Obiettivamente il cittadino ad apprendere le sopra riportate affermazioni come deve porsi? Cosa deve pensare della giustizia e di chi l’amministra? Il Dottor Davigo mi sembra essere stato da poco nominato-promosso Presidente di Sezione di Cassazione. La nomina è promanata dal CSM. Il che non toglie alcun merito al Dottor Davigo ma certamente la recente sua critica presa di posizione, su cui si può anche concordare, genera dubbi, perplessità e sconforto. E dallo sconcerto sicuramente non si esce tra rettifiche ammorbidenti e paludanti, chiarificazioni equivoche ed offuscanti, specificazioni confondenti. Quanto venuto fuori dall’Anm è una accusa gravissima formulata nei confronti del CSM, organo di autogoverno (come suona male tale attribuzione autoreferenziale) della magistratura. L’addebito, ad esser chiari, è di tal portata da mettere in discussione la giustezza dell’attuale operato dell’organo. Se vero quanto sostenuto dal Dottor Davigo il CSM andrebbe sciolto! Il silenzio, forse, un silenzio tutto italiano, coprirà (ha coperto) la vicenda. Ma basta! Qualche parlamentare elevi un grido per fare chiarezza; perché il cittadino, che dovrebbe essere garantito dai suoi giudici, sappia chi ha sbagliato. È necessaria verità sulla fondatezza o meno di tali gravi accuse. Il Ministro della giustizia Orlando, persona serissima e riservatissima, elevi la sua attenzione sulla vicenda. Il Presidente della Repubblica Mattarella, superiore serissimo garante intervenga. Per di più è il presidente dell’organo sotto accusa. Ma apprendiamo ancora una lezione Davighiana. Il Dottor Davigo da ultimo in un congresso Unicost – ordine Avvocati: “Nelle giurisdizioni straniere tutto si basa sul presupposto che la giurisdizione è seria, efficace e fa paura a chi ha torto. Da noi la giurisdizione non fa paura. Se non risolviamo prima questo dato decisivo, non risolviamo niente”. E non finisce qui! Preoccupa altresì, e ancor più, quanto sostenuto recentemente nei giorni scorsi, dal Presidente Davigo nel corso di un convegno organizzato da Unitel Sapienza a Roma. Piercamillo Davigo ha dichiarato tra l’altro “in Italia il processo non è avvertito come una cosa seria, le nostre aule di Giustizia assomigliano quasi sempre a un suk arabo”. V’è di che preoccuparsi veramente. In questa confusione si staglia alto ed illuminante il pensiero di Francesco Misiani, un magistrato che a corredo di un suo libro ebbe a scrivere: ”se non avessi ritenuto che fosse giusto giudicare, certo non avrei fatto il mestiere che ho scelto. Ma ora mi chiedo se questa lunga corsa con la toga sulle spalle non sia terminata con una scoperta definitiva: la mia incapacità di giudicare. Oggi non sarei più in grado, probabilmente, di guardare un imputato negli occhi”.
edito dal Quotidiano del Sud