Violenza donne, due denunce al giorno. I dati della Procura

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Almeno due donne denunciano ogni giorno abusi familiari. Sono i dati consegnati dalla Procura di Avellino nel corso del convegno promosso ieri al Carcere Borbonico dal Comitato per le pari opportunità del Consiglio dell’ordine degli avvocati “Sex offender-Analisi giuridica e psicosociale delle condotte abusanti per delitti sessuali e intrafamiliari. Dalla valutazione del caso al trattamento cognitivo- comportamentale del protocollo Zeus”. E’ Paola Galdo, sostituto procuratore di Avellino a sottolineare come “si è passati dai 130 fascicoli per codice rosso di inizio 2020 ai 1766 del 2022 con un aumento medio annuo del 20%. Le misure cautelari e detentive richieste per questa tipologia di reato sono molto frequenti. Solo in alcuni casi, le misure non detentive, come il divieto di avvicinamento e il braccialetto elettronico possono avere un effetto deterrente ma il più delle volte risultano assolutamente insufficienti. Di qui la necessità di intervenire inasprendo le modalità di custodia e con un monitoraggio più stretto della persona indagata. Si tratta di reati per i quali si registra non solo un’escalation di violenza ma anche e soprattutto una recidivanza, sono soggetti che assumono determinati comportamenti come costume di vita. Purtroppo l’autorità giudiziaria interviene quando la violenza si è già consumata. Ecco perchè sarebbe opportuno potenziare il sistema di prevenzione e di ascolto degli uomini abusivanti. E’ evidente che parliamo di disfunzioni del comportamento, di condotte discriminatorie che con la sola repressione non possono essere adeguatamente contenute”. Chiarisce come “Le misure repressive sono fondamentali perchè consentono di agire immediatamente ed evitare omicidi e lesioni gravissime, sempre che la vittima collabori con l’autorità giudiziaria. Altro dato importante è che il fenomeno non è del tutto emerso, spesso ci troviamo di fronte a una strumentalizzazione della normativa o capita che si continui a vivere l’abuso come un fatto privato, solo di fronte all’ingravescenza della situazione a cui si è sposti ci si convince a rivolgersi all’autorità giudiziaria. A quel punto è possibile intervenire con strumenti a tutela della vittima. Strumenti che presuppongono che la vittima sia la prima a proteggere sè stessa, collaborando con le forze dell’ordine e l’autorità giudiziaria”. Spiega come “Diventa importantissimo focalizzare l’attenzione di forze dell’ordine e autorità giudiziaria su segnalazioni di reati sentinella, prima che accadono reati più gravi”. Ricorda come anche in caso di lesioni “la mancanza di una capillare rete sul territorio per i soggetti abusanti impedisca di attuare progetti di recupero”. Ribadisce, infine, come “La violenza è un fenomeno trasversale che non fa differenza di fasce sociali e di età”. E’ quindi Isabella De Asmundis, presidente comitato pari opportunità di Avellino, a introdurre il tema centrale del dibattito, il protocollo Zeus , che consente di fermare chi si macchia di condotte abusanti, prima che ci sia un escalation di violenza “In questo modo vengono messe in atto procedure di ammonimento e un percorso riabilitativo. L’applicazione del protocollo ha garantito una riduzione della recidivanza dal 7 al 10%”. E proprio sul protocollo Zeus si sofferma anche Bianca della Valle, dirigente della divisione anticrimine “Il protocollo è inserito nel progetto della Polizia di stato ‘Questo non è amore’. Nasce in forma sperimentale e viene applicato in via informale anche dalla questura di Avellino. A breve dovrebbe partire in maniera ufficiale. La finalità è la presa in carico del soggetto ammonito, a partire dai servizi presenti sul territorio per avviare percorsi riabilitativi con figure specializzate, attraverso incontri, interscambio di informazioni e un costante monitoraggio dei soggetti abusanti”. E’ quindi il colonello dei carabinieri Amedeo Consales dei a sottolineare come “le 70 stazioni presenti sul territorio rappresentino un presidio per le comunità e il primo riferimento per chi è vittima di violenza”. E’ quindi l’avvocato Raffaele Tecce a spiegare come “l’aumento dei reati è la prova che la violenza non è un fenomeno giuridico, è un fenomeno sociale e non può essere combattuta solo con il codice di diritto penale, la punizione dell’imputato non ci porta alla diminuzione del fenomeno. Si previene attraverso l’informaizone, la presa di coscienza del fenomeno e l’aiuto di tutti i cittadini”. Molteplici gli spunti di riflessione emersi nel corso del dibattito, con la partecipazione del professore Leonardo Abazia, dell’avvocato Clara Niola e del giudice Arnaldo Merola.