25 aprile, perchè non si ritorni mai a quella dittatura

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di Monia Gaita

Oggi 25 aprile vorrei parlarvi di un personaggio simbolo della libertà, che magari, molti di voi conoscono solo superficialmente, per qualche notizia appresa dai libri di storia: Giacomo Matteotti.

Proverò a tracciare in breve il suo iter politico e di pensiero. Chi era Giacomo Matteotti?

Giacomo Matteotti nacque a Fratta Polesine, vicino Rovigo, nel 1885. Frequentò il liceo ginnasio di Rovigo per poi laurearsi a Bologna in giurisprudenza. Giornalista, figura di spicco del movimento socialista, nel 1922 fu tra i fondatori del Partito Socialista Unitario, partito che aveva come leader Filippo Turati, mentre lui deteneva il ruolo di segretario. Giacomo Matteotti era uno studioso attento e un intellettuale di stirpe rara che iniziò la sua avventura politica prima come amministratore, e poi come sindaco di Villamarzana e Boara Polesine, comuni del rodigino.

Qui lottò a fianco dei braccianti con una serie di riforme per migliorarne le condizioni di lavoro, promuoverne il riscatto e realizzare la giustizia sociale. Per la sua ìndole fiera e battagliera che non provava paura a denunciare le violenze perpetrate dalle squadre d’azione fasciste, i compagni gli affibbiarono il nomignolo di “Tempesta”.

Famoso, il discorso pronunciato alla Camera dei deputati il 30 maggio del 1924 (un secolo fa), in seguito ai brogli delle elezioni svoltesi ad aprile che avevano visto l’affermarsi del fascismo di Mussolini tramite un clima di aggressioni e intimidazioni da parte della Milizia volontaria per la sicurezza nazionale. Tale milizia, nemica della democrazia, aveva smantellato con il peggiore oscurantismo e barbaro furore, il quadro costituzionale liberale.

Mussolini ammise che se avesse voluto avrebbe potuto <<sprangare il Parlamento>> e <<fare di questa aula sorda e grigia un bivacco per i miei manipoli>>.

Nel famoso discorso del 30 maggio del 1924, Giacomo Matteotti non esitò a dire la sua in Parlamento e ad opporsi al regime neoinstaurato con la forza e con l’inganno. Riportiamo qualche stralcio di quell’accusa. Queste le parole di Giacomo Matteotti sulle elezioni farlocche: “Nessuno si è trovato libero, perché ciascun cittadino sapeva a priori che, se anche avesse osato affermare a maggioranza il contrario, c’era una forza a disposizione del Governo che avrebbe annullato il suo voto e il suo responso”. E ancora: “L’inizio della campagna elettorale del 1924 avvenne dunque a Genova, con una conferenza privata e per inviti da parte dell’onorevole Gonzales. Orbene, prima ancora che si iniziasse la conferenza, i fascisti invasero la sala e a furia di bastonate, impedirono all’oratore di aprire nemmeno la bocca”.

A questa affermazione una voce in parlamento contestò: “Non è vero, non fu impedito niente!” Al che Matteotti replicò con ironia: “Allora rettifico! Se l’onorevole Gonzales dovette passare 8 giorni a letto, vuol dire che si è ferito da solo, non fu bastonato. L’onorevole Gonzales, che è uno studioso di San Francesco, si è forse autoflagellato!”

Matteotti continuò: “Molti non accettarono la candidatura, perché sapevano che accettare la candidatura voleva dire non avere più lavoro l’indomani o dover abbandonare il proprio paese ed emigrare all’estero.” Terminato il discorso, Matteotti, profeta del suo assassìnio, dichiarò: “Io il mio discorso l’ho fatto, Ora voi preparate il discorso funebre per me”. Una preoccupazione anticipatrice e presaga di quanto accadrà nel giugno del 1924, quando venne assalito da un gruppo di uomini, caricato in auto e ucciso a coltellate dopo una lunga agonia.

Perché ricordare Giacomo Matteotti? Perché ha combattuto come tanti partigiani, civili, cattolici e laici per la nostra libertà.

La libertà è un concetto che non può implicare alcuna doppiezza o compromesso. Se io esprimo un pensiero, nessuno mi può denigrare o limitare in ciò che dico. L’augurio che ci facciamo è che quella dittatura non trovi strade per replicarsi e non trovi mai emuli o collaterali prototipi di riproposizione. Concludo con una frase di Giacomo Matteotti da imparare a memoria: “Uccidete pure me, ma l’idea che è in me non l’ucciderete mai”.