Bassolino: Il Sud riparta da autonomia e passione

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Ieri l’ex sindaco di Napoli ospite al Circolo della stampa

 

Non è più quello di De Sanctis il Sud dei nostri giorni ma chiede con forza che si ritorni ad una politica intesa come conflitto, ideale e culturale, come passione, intelligenza e autonomia. Lo sottolinea con forza l’ex sindaco di Napoli Antonio Bassolino, ospite alla chiesa del Carmine del confronto con i professori Toni Iermano ed Ernesto Paolozzi, a partire dalla presentazione del nuove numero degli Studi desanctisiani. Quella stessa passione che vibra nelle parole di Bassolino, nel racconto dei suoi viaggi in Alta Irpinia quando era dirigente del Partito comunista: «Viaggi che erano sempre preceduti dalla lettura di un brano del "Viaggio elettorale", quello che era un rito e insieme il tentativo di comprendere cosa era cambiato da allora. Ricordo comizi indimenticabili, come nella piazza buia di Bisaccia a mezzanotte, nella quale erano disposte in fila come in una processione le tante donne vestite di nero. De Sanctis era nella nostra educazione un riferimento, a partire dalla sua idea di questione morale che è strettamente politica, legata al rapporto tra stato e cittadini». Spiega come oggi il rischio, di fronte ai tanti Sud, sia quello di una perdita della dimensione unitaria della questione meridionale: «Il Governo non ha dimenticato il Sud ma si percepisce un’insoddisfazione generale in quest terre, frutto dell’incapacità da parte di chi amministra oggi il paese di parlare al Sud e di comprenderne le esigenze, il Mezzogiorno non si sente protagonista della vita politica. Se è vero che dobbiamo smettere di lamentarci e ripartire dalle nostre forze, è anche vero che non possiamo farcela da soli, le risorse che abbiamo non sono sufficienti. L’Italia, dunque, potrà ripartire solo nella misura in cui il Sud diventerà il vero valore aggiunto, da solo il Nord non potrà rilanciare il paese, soprattutto in un contesto come quello attuale, legato alla dimensione europea e mediterranea». Chiarisce come il conflitto sia centrale in politica ma debba sempre accompagnarsi alla collaborazione tra le istituzioni «E’ così che si formano le generazioni politiche, ed è quello di cui oggi c’è bisogno, che si formino nella lotta ideale, solo così il paese andrà avanti. Saranno loro le future classi dirigenti». Non risparmia stilettate a Renzi, pur riconoscendone le indubbie capacità di leader «E’ per questa ragione che avrebbe dovuto fare un passo indietro, comprendere che non si poteva fare affidamento sul buon risultato ottenuto alle europee, le elezioni più libere per definizione e che era necessario trasformare governo e partito, perché non può ricadere tutto sulle sue spalle». Sollecitato dalle domande degli studenti del Convitto Colletta, accompagnati dal professore Rino Caruso, ribadisce il suo sì al referendum «Come sindaco di Napoli ho sempre sostenuto le riforme dello Stato, quindi ritengo che si debba andare avanti sulla strada riformatrice. Se il no è più avanti nel Sud, lo è per questioni politiche, Renzi ha sbagliato, politicizzando il partito, attraverso il referendum si esprime, infatti, l’insoddisfazione generale. Certo, non sarà la fine del mondo, sia che vinca il sì, sia che vinca il no ed è importante già oggi pensare al dopo, perché il paese dovrà ripartire, qualsiasi siamo i risultati al referendum». E sul ponte sullo Stretto «la penso come la pensava Renzi. Dobbiamo chiederci se siamo pronti come Stato ad affrontare una simile opera. Mi sembra che le priorità siano altre, modernizzare la linea ferroviaria, dare il giusto assetto idrogeologico al paese». De Sanctis non può che restare, dunque, un esempio per la politica di oggi, purchè diventi strumento per trasformare il Sud di oggi, come spiega Iermano «La politica è per De Sanctis, superamento di qualsiasi forma di sudditanza, spinta alla trasformazione della società e alla costruzione del futuro. Rifiutò la nomina di senatore, convinto che la politica si fa sul campo nel confronto con gli elettori. E’ importante che le celebrazioni per il bicentenario di De Sanctis non siano semplice retorica ma che si torni a discutere della sua lezione, del Viaggio elettorale, che resta il primo documento del meridionalismo». Quindi ribadisce la difficoltà del Sud di formare delle classi dirigenti «Il vero disastro della politica sono le classi dirigenti locali ma ciascuno può partecipare alla rivolta sociale per cambiare il Mezzogiorno». Spiega come quest’incontro voglia restituire il senso di una «città che respira, di un Mezzogiorno libero, nel segno della democrazia, intesa da De Sanctis come capacità del possesso del limite ma anche come audacia. Poiché non è onesto il politico che si professa tale ma il politico che realizza ciò che la gente sia spetta che realizzi. Da questo punti di vista la scuola ha un ruolo fondamentale, purché sia moderna, capace di "convertire il mondo nuovo in mondo nostro"». Tocca, quindi, a Paolozzi spiegare come si oscilli oggi tra due eccessi, la nefandezza della politica e il moralismo astratto, che non serve a nulla: «De Sanctis si opponeva ad una educazione moralistica, riteneva che fosse necessario ricostruire l’uomo di Machiavelli contro l’uomo del Guicciardini, che furbizie e astuzie avessero senso nella battaglia politia se al servizio di un ideale».