Polvere di (cinque) stelle?

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La definitiva fuoriuscita del sindaco di Parma Pizzarotti (con quasi tutti i consiglieri 5S) e le incandescenti e persistenti polemiche sulla giunta capitolina rischiano di costituire un duro colpo per l’immagine e la stessa affidabilità del M5S come possibile alternativa di governo.

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L’abbandono del primo cittadino di Parma era nell’aria da tempo. Tuttavia Parma è stata la prima città conquistate dal M5S. E’ logico, perciò, che essa nell’immaginario collettivo rappresenti anche un simbolo, quello di una roccaforte espugnata dal movimento della prima ora. Compatto e animato da tendenze egualitarie. Fiducioso nel principio "ogni persona un voto". Contro ogni gerarchia. Contro sanzioni irrogata in base a decisioni assunte in sedi lontane e misteriose. A quei principi Pizzarotti si è dichiarato ancora fedele, . Ha denunciato le degenerazioni verticistiche ("Volevamo aprire il Parlamento, siamo diventati quelli delle stanze chiuse") e le decisioni oscure. Le numerose espulsioni dei dissenzienti. E la lunghissima sospensione inflittagli, seguita da richieste di colloqui senza alcuna risposta . Essa sarebbe durata oltre i termini per la possibile ricandidatura, cosa che ha dato la spinta finale alla decisone dell’uscita. A Roma, intanto, la sindaca Raggi continua a navigare in acque agitate. Per ora – con l’aiutino di Grillo – sembra essere riuscita a tamponare le falle più vistose della corazzata pentastellata con la nomina dei due assessori (di cui uno fervente indipendentista veneto!!!) ancora mancanti. Presi però "all’interno" dei 5S, con la motivazione di allontanare i rischi di Mafia Capitale. Una scelta che è sembrata un arroccamento! Probabilmente, tuttavia, l’errore più grave della sindaca si rivelerà presto quello di aver difeso l’assessora Muraro, la cui posizione giudiziaria sembra farsi sempre più complicata. Perciò i pericoli che possono mettere a rischio la sua navigazione non sembrano affatto superati.

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Il Movimento è stato colto da queste due tempeste ancora in bilico tra residuo verticismo e richiesta di maggiori responsabilità politiche autonome da parte della base. E al primo vero battesimo del fuoco, a Roma, i 5S ce l’hanno messa tutta – evidenziando incertezze, rivalità e contraddizioni – nell’aggravare la condizione già complessa del Movimento. Può darsi che l’intervento di Grillo sia stato assolutamente indispensabile per far ritrovare la compattezza minima sindacale ai dirigenti 5S troppo litigiosi. Tuttavia ora egli ha riassunto la leadership del Movimento. E certamente non rinuncerà a essere se stesso, perciò anche con battute spesso inopportune e prese di posizione paradossali. Tutto questo rischia di essere comunque una palla al piede per la crescita di una classe dirigente autonoma. Moltiplicherà le mai tramontate accuse di eterodirezione verso la classe dirigente pentastellata. E la esporrà a una crescita "sotto tutela", incompatibile a distanza con i normali processi di crescita democratica. Non solo, ma su di essa rischiano di pesare le diverse interpretazioni del ruolo del "direttorio". Il delinearsi di tendenze diverse al suo interno. La mancanza di organi collegiali di confronto permanente. E la diffusa sensazione di un potenziamento delle figure più movimentiste, a cominciare da Di Battista.
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Questi fattori potrebbero aprire più di un interrogativo sulle caratteristiche di fondo del Movimento e sulle sue strategie finali. Causarne in prospettiva forti divaricazioni. Indebolire perciò le sue prospettive. E rendere complessivamente non facile mantenere quel grado di coesione ideale e politica indispensabile per un movimento di opposizione che vuole diventare forza di governo.
edito dal Quotidiano del Sud