La flebile voce dei cattolici

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Dove sono i cattolici? Se provassimo a scattare una fotografia, siamo certi che il nastro impressionerebbe una immagine più o meno definita in un luogo più o meno identificabile? In una conversazione con il Vescovo di Avellino, riflettevamo sulla secolarizzazione in Italia così come è stata aggiornata nell’ultimo rapporto della Fondazione Critica Liberale.

Lo stile e le scelte di vita di chi abroga di fatto pilastri come la famiglia, il matrimonio e l’essenza stessa della fede contenuta nella liberazione attraverso il battesimo dal peccato originale sanciscono più una interpretazione della modernità, “anima inquieta” del nostro tempo la definisce il Vescovo Arturo, che il distacco tout court dalla comunità ecclesiale: quegli stessi che convivono o divorziano o non battezzano continuano infatti a ritenersi a pieno titolo parte di quel comune sentire. Nella “incoerenza” devono essere inciampati anche quei cattolici che alle elezioni politiche del 4 marzo scorso hanno contribuito in misura non insignificante al successo elettorale di formazioni e movimenti ispirati da princìpi anche inconciliabili con i valori cristiani, se il presidente della Cei Gualtiero Bassetti ha sollecitato le organizzazioni laicali a rilanciare la propria testimonianza nel discorso pubblico, con questo avvertendo la crescente confusione e l’alto grado di disordine che rendono flebile e residuale oltre che mal riposta la testimonianza politica dei cattolici. Una condizione che viene da lontano, determinata dalla conclusione di un ciclo storico che per sintesi si può datare alla metà degli anni Novanta con la consunzione anche giudiziaria della Democrazia Cristiana, e del sistema politico di cui era riferimento, sulla quale però la stessa gerarchia avrebbe molto da interrogarsi. Un decennio prima di Tangentopoli, ai vescovi italiani che con Camillo Ruini avevamo di fatto scelto e incentivato il pluralismo politico dei cattolici, Papa Wojtyla aveva ricordato il valore dell’unità, “di cui il pluralismo è una articolazione”, e che se tale non venisse considerato diverrebbe causa di rottura insanabile. Non se ne diedero per intesi, come peraltro avevano già fatto rispetto alle esortazioni contenute nella Veritatis Splendor, ritenendo anzi che la presenza cattolica informasse più efficacemente e largamente i comportamenti del complessivo quadro politico se, come gli Apostoli, si disperdeva ai quattro angoli della terra. In realtà si rivelarono meno che rivoli di effimera portata. La stessa gerarchia che durante e dopo l’esplosione giudiziaria della Prima Repubblica assecondò la “incoerenza” di sostenere il progetto berlusconiano, ben che ancora Wojtyla, il 6 gennaio del 1994, li sollecitasse non solo a trarre “un bilancio onesto e veritiero su un partito che ha avuto il grande merito di aver salvato la libertà e la democrazia”, ma anche a considerare la Dc “ancora necessaria ad esprimere sul piano sociale e politico la tradizione e la cultura cristiana della società italiana”. Occorrerà tempo per ripristinare la coerenza che il malinteso pluralismo ha finito per dissolvere: Non serve la suggestione di un partito conforme che per fortuna nessuno a cominciare da Bassetti coltiva, come inadeguati risulterebbero i richiami ex cathedra. Aiuterebbero molto di più gli esempi, quelli che monsignor Aiello fa discendere dai comportamenti che conseguono da chi si ispira ai valori del Vangelo.

di Norberto Vitale edito dal Quotidiano del Sud