La storia è quella di Cirillo e Pacebbene, rifugiatisi in un appartamento che il bradisismo dei Campi Flegrei ha reso pericolante. Messi a dura prova da un’esistenza che ha lasciato loro soltanto l’amaro sapore della memoria, i due vivono in stato di precarietà crescente che ad ogni sussulto del terreno allarga le crepe dei muri e della loro esistenza rimescolata continuamente da brandelli di ricordi.
Minacce, sospetti reciproci, equivoci e travestimenti sono oramai il loro gioco quotidiano, un gioco ricorrente e ripetitivo che riempie il vuoto di una vita inesorabilmente imprigionata in un appartamento-tana-rifugio dal quale non riescono o non vogliono scappare. Parole ossessivamente ripetitive, li avvolgono in una spirale al contempo comica e drammatica che li riporta ogni volta al punto di partenza. Scritta nel 1978, quest’ opera di Manlio Santanelli trae spunto da una condizione di vita vissuta dallo stesso autore nei suoi anni a Pozzuoli.
Ho cercato con l’aiuto di Paolo ed Alfonso di far convivere in Cirillo e Pacebbene comicità e dramma, farsa e tragedia, in un rincorrersi ossessivo per poi riapprodare al punto di partenza. Il passato apparentemente oscuro che si svelerà nel suo progressivo evolvere è il tempo in cui si svolge l’azione; una gabbia il luogo. La Precarietà come ragione di vita è lo spazio. Una sola domanda resterà alla fine: Cirillo e Pacebbene troveranno mai l’Uscita d’emergenza?”. Un testo capace di raccontare le paure dell’uomo contemporaneo, troppo spesso costretto in una quotidianità senza senso, alla ricerca di sè stesso e di un ideale, di un sogno che restituisca un valore alla loro esistenza