Attenzione al voto nel Lazio e in Lombardia

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L’attenzione concentrata sulla campagna elettorale per le politiche sta facendo passare in secondo piano la sfida per le regionali che, soprattutto in Lombardia e nel Lazio, fa registrare significative novità. Nelle due regioni – la prima è la più popolosa e ricca d’Italia – si manifestano dinamiche diverse dal trend nazionale o forse stanno giungendo a maturazione processi politici che altrove stentano a riconoscersi. Partiamo dal Lazio dove appare certa la previsione di una vittoria del governatore uscente Nicola Zingaretti, che guida una coalizione formata da Pd, radicali, Liberi e Uguali e da alcune liste di centro. Il suo successo, se verrà confermato dal voto, sarà il risultato di cinque anni di buon governo della sua prima giunta, ma anche della unità del centrosinistra, che in regione ha avuto la meglio sulle spinte secessioniste che hanno indebolito il Pd nella competizione nazionale. La candidata Cinque stelle Roberta Lombardi, che fu la prima capogruppo alla Camera nella legislatura appena conclusa e che sembrava inizialmente poter contendere a Luigi Di Maio la guida del Movimento, è solo terza nelle previsioni di voto, superata anche dal candidato di centrodestra Stefano Parisi: paga la pessima prova della sindaca Raggi a Roma, ma anche il non esser riuscita a sintonizzarsi con il nuovo profilo rassicurante e “governativo” che i grillini hanno assunto, e che sta dando buoni risultati almeno nei sondaggi. Nel Lazio, insomma, i Cinque stelle sono fuori gioco e la sfida è aperta fra centrodestra e centrosinistra, con quest’ultimo schieramento che appare vincente, come è sempre accaduto quando si è presentato unito. Se l’esito gli sarà favorevole, per Zingaretti si apre una prospettiva più ambiziosa, che potrebbe avere come obiettivo la guida di un’alleanza progressista a livello nazionale, capace di ricucire la scissione a sinistra del Pd e di imporsi come prima forza politica in Italia.

Diverso è il discorso che riguarda la Lombardia, dove il candidato del centrodestra, Attilio Fontana, è in vantaggio sul campione del centrosinistra Giorgio Gori, ma dove è proprio nello schieramento moderato che si manifestano sviluppi inediti, e non solo perché Fontana si è prodotto in dichiarazioni di stampo apertamente razzista che hanno imbarazzato perfino Berlusconi. Intanto la partita non può dirsi chiusa, perché sono solo tre-quattro i punti percentuali che separano i due contendenti, e quindi un recupero di Gori è ancora possibile; ma c’è dell’altro. Il ritiro dalla competizione del presidente uscente Roberto Maroni ha scompaginato gli equilibri di questa parte dello spettro politico. Maroni ha proclamato la sua fedeltà all’alleanza, ma subito dopo non ha mancato di prendere le distanze proprio dal segretario della Lega Matteo Salvini su uno dei temi caldi della campagna elettorale, quello dei migranti, auspicando l’emergere nella battaglia politica di persone “animate dalla passione e non dall’odio” e condannando in modo inequivocabile “le nuove camicie nero-grilline del manganello mediatico” e i “giustizieri naziskin”.  Giudizi sferzanti, che chiamano direttamente in causa la linea del capo leghista, e per di più pubblicati sul “Foglio” di Claudio Cerasa e Giuliano Ferrara, che apertamente punta alla rottura fra Lega e Forza Italia e ad una versione italiana della coalizione centristi-socialdemocratici appena varata in Germania.

Forse è ancora presto per domandarsi quale potrebbe essere il ruolo di Maroni in un tale scenario, che certamente, come nel caso del Lazio, necessita di adeguati risultati elettorali. Dunque, ogni ipotesi è prematura; ma intanto si può ricordare che presentando la propria candidatura, Giorgio Gori disse di voler “fare meglio” di Maroni, non di volerne ribaltare le politiche. Così come nel Lazio gli alleati di sinistra di Zingaretti non ne contestano il programma ma pensano di poterlo migliorare alleandosi con lui. Occhio dunque al futuro governo di Lombardia e Lazio.

di Guido Bossa edito dal Quotidiano del Sud