Biodiversità e politica

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Il calendario degli eventi gastronomici, per il mese di luglio, è denso di avvenimenti all’insegna della tipicità della cucina irpina: dai fusilli al sugo alla braciola di cotica, dal cuoppo fritto al caciocavallo impiccato, dalla onnipresenza delle salsicce e cotechini nostrani, ai tradizionali dolci delle massaie irpine. Da non dimenticare una delle prelibatezze irpine costituita dalle "pizzelle di sciurilli", fiori di zucchine passati in pastella e fritti in olio abbondante. Questo variegato mondo gastronomico, a parte gli attentati che produce alle più ferree diete, ci induce a porci qualche domanda sul perché la biodivesità di casa nostra ha precise connessioni con la buona tavola. L’Italia è il Paese europeo più ricco di biodiversità, con il 50% delle specie vegetali e circa il 30% di quelle animali europee, l’Irpinia è tra le prime regioni italiane a detenere questa significativa ricchezza. Si calcola che le specie animali che vivono in Italia siano circa 58mila, mentre quelle vegetali sono quasi 7 mila. La biodiversità irpina contribuisce notevolmente alla bellezza del paesaggio come documenta la produzione letteraria ed artistica di letteratie pittori. All’interno della biodiversità naturale irpina c’è la cosidetta agrobiodiversità, cioè la diversità della piante coltivate per fini economici, dai magnifici ortaggi, alla vite, al castagno, al nocciuolo, e alle tante ottime piante da frutto presenti sul territorio irpino. Grazie allo sviluppo degli studi sull’agrobiodiversità vengono conservati e coltivati varietà locali anche antiche attraverso i centri di ricerca, come quelli del Crea (ente controllato dal ministero dell’Agricoltura). L’agrobiodiversità offre anche programmi dietologici interessanti. Purtroppo, nel quadro di una insufficiente cura e tutela dell’ecosistema globale, la biodiversità costantemente e la stessa agrobiodiversità è marginalizzata dal potente monopolio dei mercati che commercializza sementi omologati. Per assicurare la conservazione degli antichi sapori, ancora disponibili sulla tavola di noi irpini, è necessario una politica agroalimentare organica che affronti con determinazione la valorizzazione del frammentato patrimonio agrario nazionale e provinciale – attraverso provvedimenti di riordinamento fondiario che promuovono la costituzione di aziende agrarie di dimensioni vitali – la razionalizzazioni dei fattori produttivi e la commercializzazione o trasformazione nelle zone di origine dei prodotti tipici locali. In realtà in Italia la più efficace difesa dell’agrobiodiversità sarebbe realizzabile se venisse scongiurata la tendenza a legiferare in modo disorganico, evitando la scarsa connessione tra la produzione legislativa delle regioni con quella nazionale ed europea.
edito dal Quotidiano del Sud