Cambiamento, la sfida del governo 

0
786

Con la doppia sfida, ai mercati e all’Europa, lanciata giovedì notte da palazzo Chigi fra l’esultanza dei tifosi Cinque Stelle e la soddisfazione molto più contenuta dei leghisti, il governo giallo-verde ha compiuto una svolta politica di rilievo bruciandosi i vascelli alle spalle e scommettendo sui tempi di una legislatura che fin qui non aveva riservato sorprese strabilianti.

Non è una frase fatta dire che da oggi nulla sarà più come prima: se la tenuta parlamentare della coalizione di governo è garantita dal salto di qualità che nobilita il “contratto” elevandolo a programma triennale, è su un duplice fronte esterno che si misureranno le forze del triangolo Conte-Di Maio-Salvini, con un guardiano dei conti, il ministro dell’Economia, ormai ridotto a mero notaio delle volontà pattizie dei contraenti.

La prima risposta alla sfida sta già venendo dai mercati finanziari che, contrariamente a quanto era stato detto alla vigilia, non avevano affatto data per scontata la decisione governativa di sforare di quasi un punto percentuale il debito già concordato solo pochi mesi fa con la Commissione. Una sola seduta di Borsa non è sufficiente a fornire indicazioni stabili sull’umore degli investitori, ma il nervosismo di ieri è già indicativo dell’apertura di una fase di instabilità di durata imprevedibile.

Ben più chiaramente percepibili sono invece i segnali provenienti da Bruxelles, sia nelle parole del commissario Moscovici che nel gelo dei governi. L’ostilità ha una sua spiegazione: in pratica il governo italiano ha deciso di sforare per tre anni il rapporto deficit/Pil, che è l’architrave su cui si regge la costruzione dell’Euro, mettendo in discussione la stessa partecipazione italiana alla moneta comune. Come Paese, siamo già in una situazione critica per la valutazione di un altri paramento, quello del debito (il nostro è superiore al 130% del Pil, mente dovrebbe tendere al 60%). I precedenti governi, e anche il l’esecutivo Conte, fino a ieri, si erano impegnati ad un rientro progressivo, con cadenza annuale, che ora viene bruscamente interrotto e chissà se e quando potrà riprendere.

Basterebbe questo per descrivere la delicatezza della situazione che si è aperta da 24 ore. L’impressione è che il governo, lungi dall’essere preoccupato per il conflitto che ha aperto, punti a rilanciare la posta chiamando in causa nella partita europea un giocatore non sempre governabile, ma soggetto a imprevedibili comportamenti: il popolo, il popolo contro le istituzioni, il popolo contro la Costituzione, come è stato detto alla vigilia del 27 settembre. Lo si è visto l’altra notte, con una manifestazione inedita alle nostre latitudini: i ministri dei Cinque Stelle (non quelli della Lega) affacciati al balcone del governo che arringavano la folla nella piazza. Che poi in piazza non fossero in molti non rileva, e nulla toglie alla caratura sudamericana dell’inedita manifestazione.

Si è trattato, infatti, di un primo assaggio di quanto potrà accadere presto, quando la triennale manovra pentastellata avvierà il suo percorso a Bruxelles dove, è prevedibile, verrà criticata, censurata, bocciata. Se nessuno, a Roma o a Bruxelles, farà significativi passi indietro, si può prevedere che l’apertura della procedura di infrazione coinciderà con l’avvio della campagna elettorale per le europee 2019. Il fatto che contemporaneamente al varo della manovra, nel parlamento italiano il gruppo dei Cinque Stelle si sia rimangiato il voto di censura contro il governo ungherese appena espresso al parlamento di Bruxelles, è la riprova di una scelta di campo già fatta.

di Guido Bossa edito dal Quotidiano del Sud