Cinquestelle forza di governo?

0
783

 

Difficile dire se abbia ragione Davide Casaleggio jr quando sottolinea l’enorme importanza di Internet e del sistema elettronico Rousseau nel raggiungimento da parte del M5S del 30% nei sondaggi. Più probabile che, a determinarlo, sia la cattiva politica dei partiti tradizionali. La forza elettorale pentastellata sembra non intaccata. Nè da scandali, come le firme false. Nè da errori, come quelli della Raggi. Nè dalle incertezze sulla collocazione in Europa. Tuttavia, il M5S appare ancora lontano dall’aver sciolto alcune contraddizioni. Che rischiano di comprometterne le ambizioni governative. Dopo la travolgente affermazione M5Snon sono mancati gesti significativi, come la nascita di molte nuove piccole aziende finanziata della riduzione delle indennità, né proposte legislative interessanti. Le speranze di diventare forza di governo passano, tuttavia, attraverso una maggiore e più chiara assunzione di responsabilità politiche. E il pieno rispetto delle aspettative di democrazia interna. Ancora mescolati a disordinate e confuse velleità “rivoluzionarie”. Peraltro, in prospettiva, il solo collante assicurato dalla protesta non appare sufficiente. E nel patrimonio genetico del movimento non è sempre facile individuare elementi di solida tenuta e di sicura attribuzione. La reclamata distanza da destra e sinistra, se non sostanziata da solidi contenuti declinati con coerenza, rischia di trasformarsi – a distanza – in un handicap, se non addirittura in un boomerang. Una parte dell’elettorato pentastellato proviene da altri partiti. E potrebbe essere indotta a ritornarvi se cambiano offerte e posizioni politiche. Le analisi dei flussi elettorali dimostrano, infatti, che anche una quota del M5S è mobile, sia pure in percentuali minori rispetto a quelle di altre formazioni. Una più precisa definizione programmatica e una puntuale scelta di campo potrebbero determinare un indebolimento del patrimonio elettorale del movimento. Fino ad aprire la porta a possibili scissioni. Da questo punto di vista, le due anime emblematicamente rappresentate dai Dioscuri Di Maio e Di Battista costituiscono entrambe componenti reali dell’anima pentastellata. E non sarà facile conciliarle. Occorrerà riuscire a raggiungere dei compromessi mantenendo la forza del M5S. E non sarà facile. La stessa presenza di Grillo è apparsa spesso oscillante tra “tutoraggio” e leadership. Essa si è dimostrata indispensabile soprattutto nelle difficoltà. E forse lo è ancora. Tuttavia rischia di apparire in prospettiva più una contraddizione che un’opportunità. Ritarda la crescita autonoma di un gruppo dirigente che si pone come alternativa di governo. Insomma, non basta definirsi movimento invece che partito quando si corre per la leadership del Paese. Occorre che tutto sia trasparente e che le cariche siano contendibili. La contraddizione non è che Grillo decida da solo (anche nel Pd non si muove foglia che Renzi non voglia), come è accaduto nel siluramento della candidata a Genova, ma che i criteri delle scelte non siano né chiari né pubblici. Su questo terreno il M5S dovrà affrontare prove ancora più dure. E forse passaggi inesplorati. La classe dirigente pentastellata sconta il peccato originale del travolgente successo elettorale, che ha catapultato in Parlamento anche esponenti non destinati ad essere eletti. Comunque, il M5S ha certamente il merito di aver ricondotto le proteste e le spinte antisistema nell’alveo della rappresentanza istituzionale. L’Italia è riuscita a sopravvivere all’ondata barbarica (politicamente parlando) della Lega, essa sì anti-istituzionale perché secessionista, anti-meridionale, xenofoba e con venature razziste. Un eventuale arrivo al governo del M5S, avversario dell’attuale sistema politico ma non del nostro ordinamento istituzionale, sarebbe meno dirompente. I partiti tradizionali, per sbarrargli la strada, appaiono più tentati dalle scorciatoie tipo meccanismi elettorali o grandi inciuci, che dalla strada maestra di cambiare le loro cattive abitudini. Queste scorciatoie basteranno davvero a frenare l’ondata crescente di rabbia popolare che da tempo gonfia le vele dei pentastellati?
edito dal Quotidiano del Sud