Come combattere la mafia 

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Dinanzi agli sconcertanti episodi di gravissime inadempienze e di quotidiane illegalità, la gente, onesta e laboriosa, del Terzo Millennio, si domanda, ancora oggi, con angosciante tristezza: che cosa bisogna fare per combattere con maggiore virulenza nel nostro Paese la mafia, la delinquenza organizzata, quella politica, quella cosiddetta comune, occasionale, spicciola, minuta, quella della porta accanto, che oramai sono tanto diffuse in tutto il territorio nazionale, che anche i borghi e i villaggi più isolati, fino a ieri indenni, oggi risultano pericolosamente coinvolti.

La mafia, che è l’organizzazione criminale più conosciuta, fra le tante associazioni di tipo mafioso che esistono in Italia, è dotata di un enorme potere economico e di una struttura inverosimile di affiliati, compiacenti e decisi anche ad assassinare e a fare stragi. Essa, come tutte le altre pure perfettamente note, impera oramai a livello nazionale, soprattutto nelle periferie, per meglio attendere alla propria illecita attività, addirittura a compiti “protettivi”, ancorché al soddisfacente successo dei loro loschi affari.

Un posto di rilievo nella sua esecranda storia occupa il rapporto che ha sempre avuto con insospettati esponenti della politica, esponenti che si dichiarano per lo più sempre innocenti, perché si limitano nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali, nei migliori dei casi, ad essere scandalosamente omissivi, infrangendo peccaminosamente le loro specifiche responsabilità, che richiedono, invece, un encomiabile attivismo, libero e giusto, aperto alla luce del sole.

Detto rapporto, si può senz’altro affermare, è proprio oggi uno degli aspetti più inquietanti della questione della sicurezza. Perciò, la gente dabbene pensa che la mancata eliminazione di questo scandaloso cancro sociale contribuisce vieppiù al rafforzamento di detta scellerata organizzazione, anche perché la corruzione si è impadronita delle “animelle” di molti addetti all’Amministrazione pubblica, in tutti i ruoli, in quella centrale e in quelle locali.

A questo punto di un così semplice ragionamento, bisogna dire ancora che la quantità ingentissima, quasi incalcolabile di leggi, regolamenti, circolari e provvedimenti in genere, categoricamente tutti vigenti, non è per nulla valsa a frenare almeno un poco l’impeto furioso di detti pericolosi personaggi, che mirano unicamente solo al continuo loro fruttuoso arricchimento.

L’applicazione, infatti, di detta “montagnosa” normativa è rimessa principalmente a minoranze specializzate di tutte le Forze dell’Ordine e cosi pure della Magistratura.

I titoli e le sigle di detti organismi sono a tutti ben noti. Si soggiunge solo per amore della verità, che gli appartenenti a dette Specialità sono poi scelti non tanto per esperienza investigativa e per capacità professionale, ma quanto per indiscussa loro affidabilità sotto ogni riguardo, specialmente se garantita da certezza raccomandatizia.

Si avverte, infine, il Lettore che questa ineffabile azione di contrasto e di lotta alla criminalità, che, in concreto, si raffigura modesta e scarsa nel pensiero delle masse degli esclusi, diviene nel tempo anche lenta e spesso inefficace, non tanto per tutelare impossibili impunità, ma quanto per assicurare e per salvaguardare appieno ai potenti l’indispensabile loro necessità di conservare sempre meglio i consensi ricevuti dalle rispettive cordate di appartenenza e confermare così nel tempo le “poltrone” conquistate.

di Mario Di Vito edito dal Quotidiano del Sud