Di Fronzo, il sacerdote che dedicò la vita all’Irpinia

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Di Franca Molinaro

Mentre ero a Firenze per l’annuale appuntamento di pittura col Maggio Salesiano, mi è giunta la triste notizia della scomparsa di Don Pasquale Di Fronzo. Non ho potuto partecipare ai funerali per un ultimo saluto ma in cuor mio ero là, tra i tanti amici giunti a testimoniare la propria stima a un intellettuale che del “genere” non aveva né l’invidia né la boria. Io lo conobbi molti anni fa e ne fui subito colpita positivamente. All’epoca stava scrivendo la lunga ricerca sull’arte sacra in Irpinia; seppe che avevo dipinto diversi soggetti sacri e venne a cercarmi. Ero nei campi a lavorare, mi divideva dalla strada un grande campo arato con zolle enormi. Lui mi raggiunse attraversando i profondi solchi dell’aratro, con gran fatica, ma non si arrese. Mi portò alcune sue pubblicazioni e parlammo a lungo di diversi argomenti all’ombra di una grande quercia. Non ci perdemmo più di vista, qualche volta andammo a fargli visita a casa, poi, negli ultimi anni, quando si trasferì a Villa Gioconda, la residenza sanitaria per anziani di Rocca San Felice, ci vedevamo più spesso. L’estate, quando tornavano gli irpini esiliati a Nord, era occasione di visite. Lui era felice di stare un poco con noi e parlare di storia, di cultura, di tutte quelle cose che non poteva condividere con gli altri ospiti della struttura. Don Pasquale era un punto di riferimento per quanti scrivono con passione, senza pretesa di allori. A lui veniva Emanuele Grieco da Bologna, e Francesco Roccia da Milano, Aldo Grieco da Grosseto, per un consulto, per portare un libro appena pubblicato, per salutarlo. Ci raccontava che gli mancavano i suoi libri, i contatti e le attività di un tempo, ma aveva deciso che doveva trascorrere là il resto della sua vita ed era soddisfatto dei servizi e del personale. Fu lui ad incoraggiare gli incontri che noi della Grande Madre organizzammo periodicamente prima del covid. La dottoressa Padula subito ci inserì nelle attività ricreative e guidò i vari momenti grazie ai quali giungemmo alla stesura di un modesto testo cui don Pasquale scrisse l’introduzione. Si sperava in un finanziamento che non arrivò da nessuna parte e il file restò nel mio computer con tutte le notizie, i racconti, la vita di quelle persone che con tanta fiducia avevano aperto il loro cuore a noialtri sconosciuti. Don Pasquale partecipava alle chiacchierate intervenendo solo su questioni storiche, difficilmente interveniva sulle superstizioni, o su racconti fantastici. Lui era molto concreto, cercava di dare risposte scientifiche ad ogni fenomeno. Quanto si entusiasmò quando seppe del mio lavoro su Genista anxantica, volle sapere ogni particolare della pianta, ogni aspetto botanico, e quando comprese l’importanza della scoperta si sentiva orgoglioso della coraggiosa entità presente in tale veste solo in Irpinia. Era convinto che avrei trovato ascolto presso le università, mi diceva di insistere, era solo questione di tempo, mi suggeriva di non pensare agli Irpini ma di cercare collaborazione negli ambienti giusti, dove c’erano esperti sensibili. Ogni tanto mi chiamava per sapere se c’erano delle novità, se mi avevano risposto da Ginevra o da Kew, e mi ripeteva: “Non vi scoraggiate, continuate”. Mi rammarica non averlo messo al corrente degli ultimi sviluppi sulla questione Genista; presa da altri problemi, lontana dall’Irpinia, ho tagliato per un po’ i ponti col territorio mentre lui se ne è andato senza sapere che abbiamo raggiunto l’obiettivo prefissato, la ginestrella è su una delle migliori riviste di botanica internazionale, intanto altri scienziati mi contattano per avere informazioni sulla pianta, sul sito, per avere un erbario degli individui allevati fuori loco. Non potevamo augurarci di meglio ma lui non ha gioito di questo per una mia inadempienza. Voglio consolarmi pensando che, chissà, magari ora sa tutto senza ricorrere al cellulare, avrà raggiunto la conoscenza assoluta nella casa del Padre. Mi piace immaginarlo così, raggiante tra gli spiriti luminosi, a disquisire con altre anime nobili, tra serafini e cherubini.