Europa unita contro i conflitti 

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Il centenario dell’appello al Paese di Don Luigi Sturzo, il padre del popolarismo ha riacceso la possibilità di un nuovo inizio in politica per il mondo cattolico. Non si tratta di rifare un partito ma di far rivestire al pensiero cattolico una sua attualità. Un attento studioso di Sturzo come l’Arcivescovo di Monreale Michele Pennisi mette in evidenza che attualizzare i valori del popolarismo potrebbe dare fiducia nella buona politica e aiutare a superare la grave crisi culturale e politica rappresentando un antidoto all’antipolitica e alla deriva populista.
Pennisi ricorda che da senatore a vita Sturzo chiese di inserire fra i brani da far imparare a memoria l’inno alla carità di San Paolo. In questo senso Sturzo ha anticipato il magistero dei Papi fino a Bergoglio per il quale la politica è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché ricerca il bene comune. Francesco è oggi quello che più mette l’accento sugli ultimi e tra questi sui migranti ricordando che anche Gesù fu un profugo. Ma la lettura del Pontefice è più alta e più larga. Sostiene il Papa che è sbagliato rinchiudersi nei nostri recinti pur ammettendo che non è facile entrare nella cultura altrui, mettersi nei panni di persone così diverse da noi, comprenderne i pensieri e le esperienze. E così spesso rinunciamo all’incontro con l’altro e alziamo barriere per difenderci. Le comunità locali, a volte, hanno paura che i nuovi arrivati disturbino l’ordine costituito, rubino qualcosa di quanto si è faticosamente costruito. Anche i nuovi arrivati hanno delle paure: temono il confronto, il giudizio, la discriminazione, il fallimento. Queste paure sono legittime, fondate su dubbi pienamente comprensibili da un punto di vista umano. Avere dubbi e timori non è un peccato. Il peccato è lasciare che queste paure determinino le nostre risposte, condizionino le nostre scelte, compromettano il rispetto e la generosità, alimentino l’odio e il rifiuto. E allora oggi una risposta è diventata un dovere della politica. Chiamata in causa è soprattutto l’Europa. Già Sturzo intuisce “che un’Europa fatta di stati vinti e poveri, dopo la catastrofe della guerra e all’interno di rapide trasformazioni sociali, può cadere facilmente vittima delle esasperazioni ideologiche come la stato-latria e l’idolo del nazionalismo, vero nemico della democrazia e della pace”. Parole profetiche proprio oggi che l’Europa si sta affievolendo incapace di dare risposte politiche a temi forti come quello della solidarietà. L’Europa come la conosciamo oggi è una creatura voluta fortemente dai cattolici. I suoi padri sono tre uomini di frontiera, tre perseguitati dalle dittature nazifasciste: il francese Robert Schuman, il tedesco Konrad Adenauer, l’italiano Alcide De Gasperi. Mettere in comune le idee e le economie industriali è la loro grande intuizione. Solo un’Europa unita può evitare il pericolo di altri sanguinosi conflitti. E così dal ’45 ad oggi il nostro Continente ha conosciuto pace e benessere, ma questa costruzione è oggi incapace di parlare al sentimento popolare, non è più in grado di fare battaglie comuni proprio alla vigilia di elezioni europee fondamentali dove si scontrano da un lato popolari e socialisti e dall’altro le formazioni populiste e sovranisti. C’è però un unica ricetta che dovremmo portare avanti quella di far rinascere un’altra Europa simile a quella degli anni cinquanta dar vita ad un nuovo popolarismo da opporre al plebiscitarismo perché come ha scritto Ernesto Galli della Loggia “forse l’ambiente cattolico ancora oggi rappresenta strati della società italiana che per qualità e preparazione personali, per cultura civica, sono in grado di dare ai gruppi dirigenti politici del Paese un personale alquanto diverso dai nani, dalle ballerine e dai capataz che affollano le stanze del potere”.

di Andrea Covotta