“Facciamo secco il sacco”, dossier Legambiente: ancora troppi rifiuti da imballaggio in Campania

In Campania conferiti 450.185 tonnellate di rifiuti da imballaggio, pari al 17% dal totale dei rifiuti con una produzione media annua pro-capite di 80,5kg, Napoli avanti, segue Salerno

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In Campania, nel 2021, la produzione di rifiuti da imballaggio è stata di 450.185 tonnellate, pari al 17% del totale dei rifiuti prodotti, con un valore pro-capite di 80,5 kg. Nel corso degli anni si registra un aumento dei quantitativi di rifiuti da imballaggio prodotti, nello specifico dal 2018 al 2021 si evidenzia un aumento del 24%, complice anche l’incremento della raccolta differenziata su base regionale che passa dal 52,7% al 54,7%. Entrando nel dettaglio delle province, in termini di produzione assoluta è Napoli il territorio provinciale nel quale si osserva il maggiore quantitativo di rifiuti da imballaggio, con 222.122 tonnellate, seguito da Salerno con 99.083 tonnellate, da Caserta con 69.090 tonnellate e infine da Avellino e Benevento rispettivamente con 30.771 tonnellate e 29.118 tonnellate. Quantitativi fortemente diversificati, che sono legati chiaramente alla popolazione residente.

Analizzando quindi il dato della produzione dei rifiuti da imballaggio rispetto alla popolazione residente risulta essere la provincia di Benevento con 110 kg per abitante l’area con la maggiore produzione di rifiuti da imballaggio pro-capite, seguita da Salerno con 93 kg/ab, Avellino con 77 kg/ab, Caserta con 76,7 kg/ab e Napoli con 75 kg/ab.

 

In occasione della Settimana Europea per la riduzione di rifiuti, Legambiente presenta una fotografia della produzione e recupero degli imballaggi nel dossier Facciamo secco il sacco realizzato con il contributo di Ambiente Spa e L’ Igiene Urbana Evolution. Durante il fine settimana i circoli di Legambiente saranno presenti nei nei pressi di  supermercati e negozi (alimentari casalinghi) incontreranno clienti che hanno appena effettuato degli acquisti per conoscerne abitudini e comportamenti e sensibilizzare sul corretto conferimento dei rifiuti.

Gli imballaggi sono studiati per garantire una facile e duratura fruizione del prodotto e non devono essere quindi demonizzati ma se si analizza il loro ciclo di vita, presentano ancora notevoli criticità. La Commissione europea stima che gli imballaggi costituiscono il 36% dei rifiuti solidi urbani e la loro produzione impiega grandi quantità di materie prime: circa il 40% della plastica e il 50% della carta utilizzate nell’UE sono infatti destinati agli imballaggi. Lo scorso 22 novembre, il Parlamento ha adottato la sua posizione sul nuovo regolamento UE in materia di imballaggi, per affrontare l’aumento dei rifiuti e promuovere il riutilizzo e il riciclaggio, sostenendo obiettivi generali di riduzione degli imballaggi: il 5% entro il 2030, il 10% per il 2035 e il 15% entro il 2040, oltre che una serie di altre indicazioni per la riduzione dei formati in miniatura e degli imballaggi a contatto con gli alimenti. L’Unione europea stima che, in assenza di nuove misure, entro il 2030 l’UE registrerebbe un ulteriore aumento del 19% dei rifiuti di imballaggio.

È evidente, infatti, che gli imballaggi rappresentino un problema per la troppo facile dispersione in ambiente. L’indagine beach litter 2023 condotta da Legambiente Campania ha mostrato, infatti, come nelle 8 spiagge monitorate siano stati individuati ben 5.650 rifiuti da imballaggio, pari al 36% del totale degli oltre 15 mila rifiuti conteggiati dai volontari dell’associazione. Il problema dei rifiuti da imballaggio dispersi in ambiente non riguarda solo le nostre spiagge, ma anche tante strade e aree delle nostre città come, ad esempio, i parchi pubblici urbani come evidenziato nel corso dell’annuale indagine park litter condotta in 10 parchi urbani tra il comune di Napoli e quello di Pozzuoli dai volontari di Legambiente Campania. Ben 698 rifiuti totali individuati e di questi 172, pari al 25%, sono rifiuti da imballaggi.

“Facciamo secco il sacco- commenta Francesca Ferro, direttrice Legambiente Campania– è la campagna nata per migliorare la raccolta differenziata e ridurre sempre più i quantitativi di rifiuti. Un ruolo fondamentale per la riduzione di imballaggi passa per le scelte responsabili dei consumatori. Tra le prime cose, sicuramente la scelta di acquistare prodotti sia alimentari che di altro tipo nei punti vendita che prevedono la vendita alla “spina”. In questo caso si potrà utilizzare un proprio imballaggio, riutilizzabile, per acquistare il prodotto scelto. Un’altra alternativa per ridurre la produzione di rifiuti da imballaggio è quella di acquistare prodotti che presentano un quantitativo minore di packaging. Queste scelte, insieme alle politiche che istituzioni centrali e locali devono mettere in campo, possono fare la differenza sia in termini ambientali che in termini economici.Inoltre, per una corretta raccolta differenziata è fondamentale che gli enti locali non solo realizzino efficaci piani di gestione, ma che a questi affiancano permanenti campagne di informazione e comunicazione rivolte ai cittadini.”

Ritornando ai dati del dossier di Legambiente è interessante osservare come, rispetto alle diverse tipologie dei materiali di rifiuti da imballaggio prodotti, le province della Campania mostrano alcune differenze. In particolare, le province di Salerno, Caserta e Napoli presentano la maggiore produzione pro-capite di rifiuti da imballaggi misti (cod. 150106), con valori rispettivamente di 40,7 kg/ab, 36,4 kg/ab e 33,3 kg/ab. Segue poi, sempre per queste tre province, il vetro (cod. 150107). Le province di Benevento e di Avellino mostrano, invece, una produzione maggiore di rifiuti da imballaggio pro capite di vetro, con valori rispettivamente di 37 kg/ab e 34 kg/ab. Per la provincia di Avellino seguono poi i rifiuti da imballaggio misti, mentre per quella di Benevento seguono quelli da imballaggio di plastica

Per poter ridurre la produzione di imballaggi ci sono diverse azioni che possono essere messe in atto. Tra le prime cose, sicuramente la scelta di acquistare prodotti sia alimentari che di altro tipo nei punti vendita che prevedono la vendita alla “spina”. I punti vendita in cui poter acquistare prodotti sfusi si stanno diffondendo sempre di più. Da una prima indagine condotta ne sono stati individuati, in tutto il territorio campano, ben 160 distribuiti tra tutte le diverse province. Sono stati inseriti nel conteggio negozi che prevedevano la vendita sfusa di prodotti quali detergenti e detersivi e prodotti alimentari di qualsiasi tipo, fatta eccezione dei prodotti quali frutta e verdura, pesce fresco macelleria e panetteria. Sono stati conteggiati anche i negozi per la vendita di prodotti surgelati sfusi. I negozi di generi alimentari presentano una diffusione maggiore, arrivando a rappresentare il 73% dei punti vendita individuati. In termini assoluti è la provincia di Napoli l’area in cui è stato individuato il maggior numeri di negozi per la vendita di prodotti sfusi, ben 98 pari al 61% del totale. Senza esprimere un giudizio di merito, in rapporto alla popolazione residente è la provincia di Caserta l’area in cui si conteggia il maggior numero di punti vendita con ben 3,8 negozi per la vendita di prodotti sfusi per ogni 100 mila abitanti, seguita poi da Napoli con 3,3 negozi ogni 100 mila abitanti, dati ben al di sopra, per entrambe le aree provinciali, alla media regionale che si attesta a 2,9 negozi ogni 100mila abitanti. Seguono poi la provincia di Salerno 1,9 negozi ogni 100 mila abitanti, quella di Avellino con 1,3 negozi e infine Benevento con 1,1 negozi ogni 100mila abitanti

Un’altra alternativa per ridurre la produzione di rifiuti da imballaggio è quella di acquistare prodotti che presentano un quantitativo minore di packaging. Un pratico esempio è quello dei prodotti ortofrutticoli acquistati nei supermercati. Attraverso un’indagine condotta dai volontari di Legambiente Campania in diversi punti vendita di Napoli e provincia, è stato osservato come oltre il 60% prodotti ortofrutticoli già confezionati mostri, in media un costo superiore di quasi il 30% rispetto all’analogo prodotto sfuso.