Gerardo Bianco: l’uomo, il meridionalista, lo studioso e il politico. In un libro il ritratto di un alfiere della democrazia

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Un volume che è un omaggio all’uomo, al meridionalista, allo studioso e al politico, capace di mettere le sue doti intellettuali umane al servzio del paese. E’ “Gerardo Bianco, l’uomo, il meridionalista, lo studioso e il politico” curato da Gianni Festa, Giuseppe Iuliano e Paolo Saggese, edito da Terebinto. A guidarlo una intelligente e acuta “humanitas derivante dalla sua fede cristiana e dalla sua cultura classica ma anche da una naturale bontà d’animo e empatia che lo inducevano a condividere con gli altri gioie e dolori, vittorie e sconfitte e a partecipare dell’umano”. A raccontarlo amici ed estimatori, allievi e collaboratori, da Francesco Barra che si sofferma sul suo contributo al Partito Popolare a Ortensio Zecchino che pone l’accento sul suo essere stato “un maestro di rigore e libertà”, da Luigi Fiorentino a Gerardo Capozza, da Gianfranco Rotondi a Generoso Benigni e Sabino Cassese, da Toni Ricciardi a Vincenzo Sbrescia ed Emanuela Sica. Ad introdurre il volume il ricordo dei figli Andrea, Fazio, Maria e mamma Tina “Papà era così, si potrebbe dire ‘il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà’ e io aggiungo della fede… Il combattente Gerry White, nomignolo che lo divertiva molto, alla fine degli anni ’70 a capo dei peones, fu in grado di mettere in scacco, tra lo stupore generale, la potente segreteria politica Dc dell’epoca. E qualche decennio dopo Gerry riuscì a fermare il controverso progetto berlusconiano di intergrazione e annichilimento della cultura cattolico.democratica e popolare dentro il progetto di una destra populista e antieuropeista”.

“Da cattolico impegnato in politica – sottolinea Luigi Fiorentino – ha sempre saputo declinare in modo lineare il tema della laicità, nel senso della legittima autonomia della sfera politica da quella religiosa”. Sabino Cassese pone l’accento sul duplice carattere di studioso-politico che caratterizzava il suo impegno “Questo duplice carattere era, in primo luogo, chiaro nella scelta dei temi sui quali decideva di impegnarsi: prevalevano quelli di lungo periodo, strutturali, su quelli contingenti, a cui si dedica la “politique politicienne”, cioè la politica dei politici di professione. Quella prevalenza, poi, si notava nel metodo e nello stile, nel distacco con il quale affrontava in Parlamento le questioni che gli stavano a cuore e nell’apertura al dialogo, distacco e apertura che non gli impedivano di mettere molta passione nella sua attività”.

“E’ stato un maestro fino alla fine – sottolinea Rotondi – ricordandomi, anche nell’ultima conversazione che il primo dovere che abbiamo come parlamentari è difendere il Parlamento, come lui ha fatto. Lo fece nella Democrazia Cristiana…difendeva la libertà del Parlamento rispetto anche a un’indicazione di partito: il Parlamento autonomo dal partito come quando fu eletto per volontà dei parlamentari capogruppo del primo partito, contro la volontà della segreteria del partito”. “Per me Gerardo Bianco – scrive Gianni Festa – è stato l’amico di sempre, il fratello maggiore, il suggeritore di tante  battaglie, il galantuomo discreto e capace di amare l’Irpinia con immenso orgoglio. Incontrai per la prima volta Gerardo Bianco nella storica tipografia Pergolaa di via Trinità. Erano gli anni Sessanta e la passione politica, in questa terra, oggi priva di classe dirigente, mi unì a lei per il suo sguardo rivolto al futuro dell’Irpinia. Erano gli anni in cui la classe dirigente lottava per rompere l’isolamento e la grande povertà, il riequilibrio tra zone interne e fascia costiera, per il fronteggiare una emigrazione massiccia che riguardava soprattutto la risorsa giovani”. Si sofferma sulle sue battaglie da meridionalista “La sua preoccupazione per la gestione arrogante dell’autonomia differenziata era diventato un assillo contro cui aveva espresso, con la severità e la serenità del critico onesto, tutto il suo disappunto”. Ortensio Zecchino analizza il legame di Gerardo con De Sanctis che trascendeva gli studi su di lui “Aveva una caratura esistenziale….Molti hanno scritto sul grande irpino ma nessuno come Gerardo ne ha interpretato la personalità realizzando una così profonda sintonia, negli studi e nell’impegno politico…c’erano pienamente vissuti i tre ingredienti  della ricetta desanctisiana: fibra, fede e cultura, allineati in una conseguenzialità senza deroghe”. Paolo Saggese pone l’accento sul suo spessore di studioso, capace di porre le basi di una nuova interpretazione del metodo critico-letterario di De Sanctis, inconcepibile senza la consapevolezza del legame con la classicità, che riteneva fondamento delal civiltà europea. Uno sguardo al passato sempre proiettato sul presente.