I cattolici e la politica che non c’è

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Condivido pienamente l’affermazione conclusiva "dell’intervento" pubblicato lo scorso 20 febbraio sul nostro quotidiano dal titolo "La politica di Francesco" curato dall’egregio collega Guido Bossa: "Dunque, una alta lezione di politica e di morale, di cui evidentemente, c’era bisogno". L’acuta analisi del pensiero di Papa Francesco, frattanto, mi ha indotto ad un ulteriore approfondimento ermeneutico dell’affermazione papale "un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata". Sembra tutto chiaro, ovvio, ma una considerazione va fatta, a proposito di una coscienza ben formata. Mi domando, da quanti anni e da chi la formazione delle coscienze dei laici cristiani – sul piano culturale e sociopolitico – andava promossa e adeguatamente sviluppata? La risposta, anche per questo interrogativo, è ovviamente negativa, nel senso che almeno da venti anni la latitanza delle risorse culturali, pur presenti nel nostro paese, è stata permanentemente deleteria. Quando parlo di risorse culturali mi riferisco ai paradigmi residuali dei partiti di ispirazione cristiana, alle grandi realtà associative della stessa ispirazione (ACLI, Azione Cattolica e tante altre sigle), alle forze sociali, alle parrocchie e ai Vescovi pur sollecitati dal magistero sociale della Chiesa italiana. Solo recentemente ci accorgiamo che la mancanza totale di una formazione politica dei nostri rappresentanti eletti ha raggiunto livelli così macroscopici da costringere tutti, cittadini, laici cristiani, presbiteri e vescovi, operatori scolastici e forze sociali, forme partitiche sopravvissute, ad interrogarci sulla genesi dello squallido decadimento dell’agire politico e sulla indiscriminata «libera uscita» dei sedicenti politici attuali, compresi quelli cattolici. Le coscienze benformate, purtroppo, non nascono come funghi, dalla sera al mattino, ma esigono tempi necessari e maturazione culturale e politica adeguata per promuovere capacità legislative e coerenza complessiva credibile. La deriva attuale non è sola politica, ma è antropologica, culturale e sociale la cui ampiezza varca i confini dottrinari della stessa religione cattolica coinvolgendo gli spazi universali di alcuni valori: la vita, il diritto naturale, la pace, la reciprocità, la difesa dell’ecosistema, la salute, la cooperazione tecnica e scientifica. È una deriva che si sta rivelando letale per la stessa Unione Europea: la costrizione della vecchia Europa ad accontentare Londra, oltre alle altre ragioni che non si possono sottovalutare, ha fondamentalmente alla base la deriva dei valori costitutivi dell’Unione di cui erano pur portatori i padri fondatori. Allora il discorso di una coscienza politica ben formata diventa globale e prioritario rispetto alle logiche dei trattati monetari e produttivi. Quando la politica viene privata di una propria anima le comunità diventano un immenso e apocalittico cimitero di robot che si muovono fino a quando le loro batterie non si scaricano. Il lucido monito di Papa Francesco quando ci invita a costruire ponti e non muri, si rivela attualmente come un allarme universale, valido per tutti i continenti e per tutti i governanti: per questo sarebbe davvero miope, comunque squallido, ridurlo a riferimenti personali o nazionali di circostanza. La ha capito subito lo scaltro Trump, il miliardario americano candidato alla Casa Bianca, col suo dietrofront sul Papa, quando lo definisce "una persona meravigliosa" auspicando di incontrarlo. Allora la lezione di Papa Francesco non solo è necessaria, ma è davvero universale.
edito dal Quotidiano del Sud