Il lavoro al tempo di Renzi

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Le moderne democrazie hanno a fondamento il lavoro. In Italia è l’architrave della Costituzione che già al primo articolo recita: “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul Lavoro”. Lo richiama nell’art. 4: “Lo Stato riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto ”; nell’art. 35: “Lo Stato tutela il lavoro in tutte le sue forme”; nell’art. 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa”. Negli articoli successivi si richiamano i diritti all’assistenza, alla previdenza al riconoscimento sociale delle associazioni sindacali. Ci sono poi una serie di leggi che hanno costituito, un codice del diritto del lavoro, ed infine lo statuto dei lavoratori. Leggi e diritti che hanno fatto la storia dell’Italia nei primi quarantacinque anni della nostra democrazia perché senza i lavoratori, i loro sindacati ed i partiti che li rappresentavano, l’Italia non sarebbe potuta divenire – dopo il ventennio fascista, una guerra perduta, una civile ed un cumulo di macerie – la sesta potenza industriale del mondo. Poi è venuta la globalizzazione ed il lavoro, soprattutto in Italia, ha perduto progressivamente ogni valore e tutela come anello più debole del rapporto del lavoro ulteriormente più indebolito che, in un mercato sovranazionale nella quale la domanda è di molto inferiore all’offerta. Si è ritenuto che, limitandone al massimo il costo, si sarebbe potuto competere con quei paesi nei quali è pari allo zero. Il Italia è pari a 25,3 euro l’ora: meno della media europea che è di 29 euro, in Danimarca addirittura 4°, senza considerare che il 28,2% di esso è dovuto a contributi, che, nei paesi della Comunità, è del 24%! Si è proceduto, prima con Berlusconi ed oggi con Renzi, a renderlo precario, e quanto più possibile flessibile e sempre meno retribuito e tutelato. Addio concertazione sindacale che era stato il tema conduttore dell’azione di Ciampi prima da ministro e poi da Presidente del Consiglio. Ora per Renzi i sindacati hanno fatto male all’Italia, sono deleteri e vanno spazzati via. Meglio Marchionne che, invece, ha fatto bene, anche se ha portato la Fiat fuori dai confini nazionali dopo averne sfruttato tutti i benefici ottenuti! La politica del lavoro perseguita ha portato l’Italia ad una flessibilità e ad una precarietà che non ha equivalenti in Europa. Maurizio del Conte, prof. di Diritto del lavoro alla Bocconi di Milano, sostiene che il mercato del lavoro tedesco ha elementi di rigidità più forti del nostro: “Non è vero che in Germania si può licenziare più facilmente”. In Germania i sindacati in azienda partecipano agli organismi di governance in modo sostanziale. Da noi si sono cominciati a scardinare i diritti di tutela e di difesa dei lavoratori a cominciare dallo Statuto dei lavoratori, abolendo, tra l’altro l’art. 18 per passare, e tutte le altre norme a tutela, intaccando la stessa Costituzione che, di fatto, garantisce sempre meno. In più noi non abbiamo, come la Germania, un sistema di ricollocamento facile; non ci sono sufficienti ammortizzatori sociali ed i contratti possono essere rescissi quando si vuole, anche in modo collettivo. I salari sono sempre più irrisori ed i lavoratori alla mercé dei datori di lavoro senza scrupoli. Il Jobs act è figlio delle teorie giuslavoriste del prof. Ichini, teorico della Flexisecurity della quale però è stata applicata solo la parte della flessibilità e non quella della sicurezza. Secondo Ezio Mauro (Repubblica del 5 aprile) è la fine del sociale, il venir meno dei legami collettivi, il ribaltamento del Welfare visto non più come una conquista da estendere ma come un egoismo da difendere. “ Il vero attore sociale colpito dalla crisi è il lavoro che la nostra Costituzione codifica come un diritto e che dunque per molti è un diritto negato, uno strumento impossibile per affermare la propria dignità personale e pubblica, sapendo che senza libertà materiale non c’è una vera libertà politica! Ma il partito di Renzi è ancora un partito della sinistra?
edito dal Quotidiano del Sud