Il ponte scolastico metafora dell’Italia

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Il lungo ponte scolastico che da qualche giorno collega la Pasqua al 25 aprile e per molti arriva al Primo Maggio ed oltre è la perfetta metafora di un Paese che galleggia sui problemi sperando che arrivino tempi migliori o che semplicemente l’emergenza di oggi si stemperi in un indeterminato rinvio. Anche la scuola si adegua, e dunque nulla contro studenti e professori che vanno in vacanza, anche se forse l’approssimarsi della fine dell’anno avrebbe consigliato una diversa scansione del calendario delle lezioni. Però vale un’osservazione più generale: la tattica del continuo rimando non aiuta certo a risolvere i nodi della politica o dell’economia che, al contrario, si fanno sempre più intricati. Solo pochi mesi fa l’attenzione di tutti era concentrata sull’alta velocità ferroviaria, la Torino-Lione dalla quale sembrava dipendesse la sopravvivenza stessa del governo. A pochi passi dal precipizio i due litiganti (sempre quelli) si sono accordati sul non decidere, o meglio sul dare il via libera ad un programma di interventi (i bandi di gara) che possono essere revocati in qualsiasi momento, il che raffredda la polemica ma non consentirà l’apertura di alcun cantiere. Così la partita si è chiusa senza vinti né vincitori, ma ognuno può legittimamente sperare che si riapra in condizioni più favorevoli per la propria parte. Lo stesso sta accadendo in questi giorni per la questione delle famose clausole di salvaguardia, una garanzia chiesta dall’Europa per dare il via libera ad un bilancio dello Stato che altrimenti presenterebbe livelli di deficit inaccettabili. L’impegno, assunto da anni e mai mantenuto, consiste nell’aumento dell’imposta sui consumi per recuperare il gettito necessario a pareggiare i conti; il danno provocato dal continuo rinvio è evidente: in previsione del rincaro dell’Iva i consumatori non spendono e quindi la produzione ristagna. Inoltre non si rendono disponibili risorse per gli investimenti. Sono anni che i governi, di qualsiasi colore, hanno atteso tempi migliori per sciogliere questo nodo, che ora si è fatto più complicato perché la generosa politica di bilancio dell’esecutivo giallo-verde ha dilatato l’importo delle clausole di salvaguardia riducendo lo spazio di interventi compensativi. Di qui l’ultima proroga, di qualche mese, fino all’autunno, quando la patata bollente passerà in altre mani, a Bruxelles e forse anche a Roma.

E veniamo alla politica pura. Anche in questo caso l’eterno conflitto fra i due partner di governo si alimenta ogni giorno di nuovi argomenti; ma si risolve sempre posticipando la resa dei conti. O almeno così è successo finora; e non è la prima volta che i giornali ma anche gli stessi contendenti parlano di ultima spiaggia e di crisi imminente. Intanto il contenzioso si incrementa, e allora ci si chiede: su cosa cadrà il governo? Sarà la decisione che deve prendere a giorni sul debito di Roma, la spartizione dei fondi per il finanziamento dei provvedimenti-bandiera messi in campo contemporaneamente, o il riproporsi della questione morale che investe allo stesso modo i due partiti? O ancora una volta prevarrà su tutto la convenienza, il vantaggio dello stare insieme, almeno fino a quando ci saranno utilità da spartire?  La tentazione del galleggiamento, del rinvio, è palese almeno quanto l’evidenza del livello di scontro raggiunto.

di Guido Bossa