Il reddito di cittadinanza luci ed ombre

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In linea di principio il reddito di cittadinanza è un provvedimento da condividere. Non si può essere contrari a prescindere, come fa il PD con la Boschi e Renzi perché risponde ad un principio fondamentale della Costituzione (art. 3) ed esiste in molti paesi europei. E’ giusto e doveroso nella configurazione di un nuovo Welfare e risponde ad una redistribuzione della ricchezza. Nel contempo, però, è equivoco nella formulazione e si propone un doppio obbiettivo: quello di combattere la povertà e di aiutare i giovani a trovare un lavoro, impossibile da raggiungere per le poche risorse impegnate. L’aver già sconfitta la povertà –come pomposamente è stato annunciato – e dato impulso alla crescita, sono solo slogan populistici. Meglio aspettare i risultati prima di partire lancia in resta per propaganda elettorale. Questa è la politica degli annunzi nella speranza di avere consensi che i sondaggi, purtroppo, confermano.

Vediamone i punti deboli. Innanzitutto le risorse. La platea dei possibili aventi diritto sono stimati in circa 9 milioni (5 milioni al di sotto della soglia di povertà assoluta e altri tre milioni di disoccupati ai quali bisogna aggiungere gli scoraggiati, che il lavoro neanche lo cercano più e non sono compresi nelle statistiche).  Solo in Campania ci sono 391.000 famiglie in povertà assoluta (in Irpinia 21.000) e un esercito di giovani in cerca di lavoro. Le risorse (peraltro a debito e solo per meno di tre anni) sono largamente insufficienti. Occorrerebbero una ventina di miliardi secondo studi attendibili (Cottarelli) Ne sono disponibili meno di un terzo. La pensione di cittadinanza l’avranno solamente in pochi: quelli che vivono da soli e non cumulano il reddito con il coniuge e non hanno una casa. Le pensioni minime (513 euro mensili) non saranno aumentate ma integrate, per i pochi aventi diritto, fino a 780 solo per spese alimentari. Per il reddito di cittadinanza occorre avere la residenza da almeno dieci anni (norma in odore di incostituzionalità) e pertanto saranno penalizzati gli stranieri residenti da meno di 10 anni e i clochard, notoriamente senza fissa dimora.

Per la ricerca e l’accompagnamento al lavoro i Centri per l’impiego avranno una importanza strategica essenziale. Saranno all’altezza? E gli altri Enti interessati per la formazione e i lavori socialmente utili saranno in grado di collaborare positivamente e non si caratterizzeranno – specie al sud- per clientelismo ed inefficienza? Come è conciata la burocrazia in Italia c’è da dubitarne. I centri per l’impiego non hanno dato buona prova; hanno scarso personale; non hanno un data base unico e collegato in rete e, finora, hanno inciso per meno del 3%.nel reperimento del lavoro. Per la loro riorganizzazione, l’assunzione dei navigator, nuova figura di tutoraggio per i giovani in cerca di lavoro, che dovrebbero seguire e accompagnare nella formazione e ricerca del lavoro, ci vorrebbero molti mesi tra l’assunzione e il loro concreto utilizzo. Non ci siamo con i tempi perché i primi assegni dovrebbero essere corrisposti già a partire dal mese di aprile, guarda caso – come per gli 80 euro di Renzi – a ridosso delle elezioni europee. Prevarranno, quindi, il solito clientelismo, le furbizie e gli imbrogli difficilmente controllabili. Quando i Centri potranno essere funzionali – se mai lo saranno – sarà, ormai, troppo tardi. I finanziamenti sono insufficienti e a debito, l’economia in recessione e la ripresa, checché ne dicano Conte e Tria, continuerà a crescere meno di quanto da loro previsto, lo spread a salire e il debito pubblico ad aumentare. Ci sono, poi, tanti paletti e complessità procedurali che accresceranno la difficoltà dell’elargizione del sussidio e la possibilità di controlli che in Italia non si sono mai fatti a sufficienza e sono stati inseriti solo per diminuire, oltre ogni misura, la platea degli aventi diritto.

Infine l’emersione del lavoro nero, altro obbiettivo ambizioso del progetto che si dimostrerà di difficile soluzione stante la sua diffusione radicata, specie nelle regioni meridionali, e la possibilità di rifiutare le prime due offerte di lavoro. Ma ci saranno offerte di lavoro? Tutti gli economisti ritengono che il lavoro si crea con gli investimenti: pubblici e privati per i quali la “manovra del popolo” ha destinato poche risorse. Nel sud non c’è lavoro e non sarà il reddito di cittadinanza a crearlo e i giovani, purtroppo, continueranno ad emigrare.  Se son rose fioriranno. Ma se ne dubita molto, specie al sud dove la politica del sussidio e della clientela è stata la caratteristica comune a tutti i partiti e, assieme alla malavita organizzata e alla qualità scadente della classe politica e dirigenziale, ha frenato e continua a frenare la crescita e lo sviluppo economico e morale.

di Nino Lanzetta