Il volto e l’anima dell’Italia: il Presidente della Repubblica

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di Mariagiovanna Prudente

«Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale», è quanto stabilisce l’articolo 87 della Costituzione. «Presta giuramento di fedeltà alla Repubblica e di osservanza della Costituzione dinanzi al Parlamento in seduta comune».

Alla proclamazione della prima Repubblica Italiana (repubblica sorella della Francia rivoluzionaria che comprendeva una fetta importante dell’Italia settentrionale preunitaria), il 26 gennaio 1802, l’allora primo console di Francia, Napoleone Bonaparte, assunse per primo nella storia il titolo di Presidente della Repubblica Italiana. Ciononostante, Napoleone non è annoverato nell’elenco dei presidenti che, in onor del vero, riguarda esclusivamente la Repubblica Italiana, storicamente costituita a partire dal 1946, in seguito alla caduta del regime fascista e alla fine della seconda guerra mondiale, nonché dotata della Costituzione, entrata in vigore a partire dal 1º gennaio del 1948. Il Giurista liberale, Enrico De Nicola (1946-1948) fu eletto capo provvisorio dello Stato il 28 giugno 1946 dall’Assemblea costituente, grazie all’accordo fra democristiani, socialisti e comunisti.

Il primo gennaio 1948 assunse il titolo di Presidente della Repubblica Italiana, mantenendolo fino al successivo 12 maggio. De Nicola è stato l’unico ad aver ricoperto quattro delle cinque maggiori cariche dello Stato, avendo ottenuto in carriera anche le presidenze del Senato, della Camera e della Corte costituzionale. Economista, di estrazione liberale come il suo predecessore, Luigi Einaudi (1948 -1955) fu ministro del Bilancio nel quarto governo De Gasperi (1947-1948), il primo da cui furono estromesse le sinistre. In quei mesi realizzò un vero e proprio new deal a cominciare dall’inasprimento fiscale, dalla svalutazione della lira e dalla restrizione del credito realizzando di conseguenza il calo dell’inflazione, il recupero della stabilità monetaria, il risanamento del bilancio statale.

Già sottosegretario all’Industria nel governo Mussolini, Giovanni Gronchi (1955- 1962) fu ministro dell’Agricoltura, dell’Industria e del Commercio nei governi Bonomi II, Bonomi III e De Gasperi I, per poi diventare il primo democristiano a essere eletto Presidente della Repubblica. Esponente della sinistra Dc, fu sostenuto da una parte del partito contro le indicazioni della segreteria e ottenne anche l’appoggio di socialisti e comunisti. La presidenza Segni (1962 – 1964) durò solamente due anni: la seconda più breve nella storia della Repubblica dopo quella di De Nicola. Le dimissioni arrivarono il 6 dicembre del 1964 per ragioni di salute a causa di una fulminante trombosi cerebrale durante una discussione con Saragat e Moro. Quell’estate si diffusero voci circa un progetto di un colpo di Stato (il cosiddetto ‘’Piano Solo’’) promosso dal generale De Lorenzo, particolarmente vicino a Segni.

Secondo Giorgio Galli e Indro Montanelli, tuttavia, il Capo dello Stato non puntava a mettere in atto un golpe, ma solo ad agitarne lo spauracchio a fini politici. Giuseppe Saragat (1964-1971) fu il primo Presidente della Repubblica socialdemocratico e per la sua elezione furono determinanti i voti dei comunisti. Leader storico del Partito Socialista Democratico Italiano, prima di salire al Colle, Saragat era stato presidente dell’Assemblea costituente, vicepresidente del Consiglio e ministro degli Esteri. Il suo settennato si inserì nella cornice del “centrosinistra organico” (Dc, Pri, Psdi e Psi), conobbe la contestazione giovanile del 1968 e l’autunno caldo del 1969, ma anche le grandi riforme del 1970: l’istituzione delle Regioni, il varo dello statuto dei lavoratori e il via libera alla legge sul divorzio, poi confermata dal referendum del 1974.

Nel 1971 Giovanni Leone (1971-1978) fu eletto al Quirinale da una maggioranza di centrodestra, al termine della procedura più lunga di sempre (23 scrutini in 15 giorni). La sua presidenza vide come protagonista una delle pagine più buie della storia repubblicana: gli anni di piombo, con gli attentati del 1974 (a Brescia, in Piazza della Loggia, e sul treno Italicus), la stagione della solidarietà nazionale, il sequestro e l’uccisione di Aldo Moro. Accusato sotto il profilo fiscale e di connivenze con gruppi affaristici – anche se il suo coinvolgimento nello scandalo Lockheed non fu mai provato- , Leone si dimise nel giugno del 1978, a poco più di sei mesi dalla fine del mandato.

Passato alla storia come il Presidente più amato dagli italiani, Sandro Pertini (1978-1985), antifascista perseguitato dal Regime e figura di primo piano della Resistenza, a 82 anni, l’ex partigiano fu eletto con i voti di tutto l’arco costituzionale. Diversi i momenti del suo settennato che hanno lasciato impronta indelebile nei nostri cuori, a cominciare dalla commozione per la strage di Bologna del 2 agosto 1980, l’indignazione per i ritardi dei soccorsi dopo il terremoto in Irpinia del 23 novembre dello stesso anno, ma anche l’esultanza al Santiago Bernabeu nel 1982, quando l’Italia sconfisse la Germania Ovest nella finale dei Mondiali di calcio. Il democristiano Francesco Cossiga (1985-1992) fu eletto a larghissima maggioranza nel pieno dell’epoca del pentapartito (Dc, Pri, Pli, Psi e Psdi), diventando il Capo di Stato più giovane di sempre (58 anni).Conosciuto ance come il ‘’picconatore’’ per la veemenza delle sue esternazioni, non si riprese mai dallo shock del rapimento di Aldo Moro durante la sua gestione del Ministero dell’Interno. Nel febbraio 1992 sciolse le Camere con lieve anticipo rispetto alla scadenza della legislatura e rassegnò le dimissioni il 28 aprile di quello stesso anno, a soli due mesi prima della fine del settennato. Magistrato, parlamentare dagli anni dell’Assemblea costituente, Oscar Luigi Scalfaro (1992-1999) fu chiamato a rappresentare la tradizione positiva di una classe politica gravemente screditata dallo scandalo Tangentopoli, scoppiato alcuni mesi prima.

Altri due tragici eventi si verificarono durante la sua Repubblica: la strage di Capaci, in cui perse la vita il magistrato Giovanni Falcone e, meno di due mesi dopo, la mafia uccise anche Paolo Borsellino. Scalfaro vide anche l’ingresso dell’Italia nell’euro. Il nome tuttavia più legato alla moneta unica è però quello di Carlo Azeglio Ciampi ( 1999- 2006) che, dopo essere stato governatore di Bankitalia dal ‘79 al ‘93 e presidente del Consiglio nel ‘93-’94, fu anche ministro del Tesoro nel primo governo Prodi. Da Capo dello Stato, si oppose all’idea che l’Italia potesse partecipare alla guerra in Iraq al di fuori di una cornice di cooperazione internazionale. Giorgio Napolitano (2006-2013 e 2013-2015) che ci ha lasciato lo scorso 22 settembre a Roma, è stato finora l’unico presidente della Repubblica a ottenere un secondo mandato, che però è durato meno di due anni. Esponente della corrente “migliorista” del Pci, nel 1978 fu il primo dirigente comunista italiano a ricevere un visto per andare negli Stati Uniti. Ha ricoperto gli incarichi di presidente della Camera durante la crisi del 1992 e di ministro dell’Interno nel primo governo Prodi, quando promosse una legge per la regolamentazione dei flussi migratori.

Da Capo dello Stato ha affrontato diversi momenti difficili, a cominciare dalla crisi finanziaria globale del 2008-2009, poi quella del debito sovrano europeo iniziata nel 2010. Nell’aprile del 2013, alla Camera, Napolitano rimproverò con voce rotta dall’emozione i parlamentari e i delegati regionali che non erano stati in grado di scegliere il suo successore. Fratello di Piersanti, presidente della Regione siciliana ucciso dalla mafia nel 1980, Sergio Mattarella (2015-in carica) ha ricoperto più volte la carica di ministro e, tra il 2011 e il 2015, quella di giudice della Corte costituzionale. Da Presidente della Repubblica ha nominato una senatrice a vita: Liliana Segre, superstite di Aushwitz e testimone della Shoah.

A loro modo, ogni Presidente ha lasciato in eredità un qualcosa all’Italia ed agli italiani: amor patrio, libertà, forti ideali, tolleranza, rispetto per i compatrioti e per le Istituzioni. Loro è rivolto un nostro doveroso ricordo: fotografia di una storia che è oggi cara identità.