In mostra ad Avellino la corona di Re Carlo di Borbone

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La corona di Re Carlo di Borbone in mostra ad Avellino. E’ l’appuntamento in programma sabato 7 ottobre, a partire dalle 17.30, presso la sala Maestrale dell’Hotel de la Ville.

A rendere possibile l’iniziativa del Presidente dell’Accademia dei Dogliosi di Avellino, prof. Fiorentino Vecchiarelli, in collaborazione con Archeoclub d’Italia Avellino, presieduta dalla prof.ssa Ilenia D’Oria.

Presenti all’evento Annamaria Barbato Ricci, giornalista, e  Ciro Paolillo, gemmologo investigativo, ideatore della ricostruzione della Corona.

Gioiello voluto dalla madre di Carlo, Elisabetta Farnese, Regina di Spagna, era considerato il più prezioso dei suoi tempi, con oltre 300 diamanti di varie dimensioni, dai dieci al mezzo carato che ne facevano risaltare il più impressionante di tutti, il “diamante Farnese” violetto, 42 carati di un colore mai sperimentato prima. Della Corona si era persa ogni traccia durante il regno del figlio di Carlo, Ferdinando IV. Si ipotizza che avesse seguito la famiglia reale con una quantità incalcolabile di beni preziosi, durante la fuga nel 1798 di Ferdinando IV per Palermo che avvenne sulla nave ammiraglia inglese Vanguard, di cui era al comando Horatio Nelson. L’anno seguente, dopo che fu soffocata la Rivoluzione partenopea, non risultano più notizie.

«La Corona . spiega Paolillo – potrebbe essere stata usata per finanziare il Cardinal Ruffo a sostegno della rivolta contro i francesi per la riconquista di Napoli, o altrimenti, potrebbe essere stata smontata delle pietre che furono donate proprio a Nelson che trasse in salvo la famiglia reale e, la cui prova, potrebbe essere individuata in un documento del 1801 dove lo stesso ammiraglio dichiara di aver venduto, per appianare dei debiti, “tremila sterline di diamanti”, una cifra considerevole per l’epoca. Infine, volendo percorrere anche un sentiero più romantico – continua il Paolillo – mentre i diamanti furono consegnati a Nelson la gemma più preziosa, il “viola farnese” probabilmente, fu regalato alla sua moglie morganatica Lucia Migliaccio».

La splendida realizzazione del gioielliere e cesellatore avignonese Claudio Imbert rinasce per iniziativa di Ciro Paolillo col supporto professionale di orafi come Armando Arcovito e di Claudia Romano per la modellazione al computer attraverso un moderno software.