Irpinia tradita

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Da molte parti del Mezzogiorno  si leva la protesta contro la classe dirigente meridionale incapace di affrontare la drammatica situazione che questa parte d’Italia sta attraversando. E quindi, anche in Irpinia, si reclama una maggiore attenzione per i numerosi problemi non risolti. Qui il tempo si spreca tra litigi, insulti e dannose contrapposizioni che non aiutano a favorire una presa di coscienza di chi è chiamato a rappresentare le Istituzioni. Alcuni esempi, partendo dalla Regione. L’ Irpinia, come è noto, è la patria delle risorse idriche. I bacini acquiferi tra i più importanti di Europa dissetano buona parte del Sud. Si trattasse di petrolio la provincia sarebbe tra le più ricche del mondo. Invece no.  L’acqua gestita per la maggior parte dall’Acquedotto Pugliese riserva alla provincia di Avellino pochi spiccioli  come ristoro ai pochi Comuni in cui scorrono le sorgenti. Sullo “scippo”, su cui farebbe bene la Magistratura a indagare, c’è un silenzio complice terrificante. Il governatore De Luca s’inchina al governatore della Puglia e fa un accordo di programma che penalizza l’Irpinia. Non solo. Per acquisire il consenso decide di gestire in proprio le sorgenti irpine. Così promette al Sannio, e naturalmente al sindaco di Benevento  Clemente Mastella con il quale De Luca stringe un patto di ferro per la sua rielezione, di spostare le risorse irpine nel bacino di Campolattaro. Ci si aspetta una forte reazione da parte dei consiglieri regionali eletti in provincia di Avellino per frenare lo scippo. La risposta è nell’assoluto silenzio. E si capisce anche perchè. Il governatore De Luca, infatti,  ha distribuito incarichi e mance alla maggior parte dei consiglieri regionali irpini e grazie a questo modo di corruzione morale ha colonizzato l’intera provincia. In questa logica rientra anche la delicata questione dell’Alto Calore, sospeso tra una procedura fallimentare e un improbabile piano di rifinanziamento regionale. Anche l’Ente Provincia fa finta di non capire. Come i Comuni delle sorgenti che si accontentano di pochi spiccioli presentandosi con il cappello in mano davanti alla porta dell’Acquedotto pugliese. Meraviglia non poco che anche l’associazione “Acqua bene comune”  che ha riferimento padre Amos Zanotelli abbia perduto la voce.  Dalla Regione all’Ente Provincia. Qui si vive di monolitismo nel senso che  c’ è un solo uomo al comando. L’ambiguità tra l’esistere e le modifiche legislative fanno sì che le deleghe distribuite non hanno potere. Tutto si decide nella stanza del presidente. Anche a palazzo Caracciolo si litiga e come. Buonopane contro Petracca, e naturalmente il contrario, sono il volto peggiore di un ente e di una politica, quella del Pd, che non riesce ad impegnarsi in un progetto di sviluppo del territorio. La mediocrità traspare dai provvedimenti messi in campo, spesso di tipo clientelare, solo per acquisire il consenso. Dalla Provincia al Comune capoluogo. Il sindaco Festa gioca sull’effetto godereccio. Ad un anno dalla scadenza del suo mandato, il bilancio è assolutamente negativo. Egli ha agito, per la maggior parte, sull’effetto sensazione, tra feste cittadine di vario gusto, e un “faremo” che non si fa. Le più importanti opere pubbliche sono ferme al palo, dal Centro contro l’autismo di Valle, al tunnel, alla vergognosa storia della metro, alla Dogana i cui lavori dovrebbero, guarda caso, concludersi nel prossimo anno. Ovviamente non sarà così per il nuovo stadio, che dovrà sorgere in una intera zona appaltata della città. Da questi esempi, altri si potrebbero aggiungere, si capisce che se non si dovesse cambiare la classe dirigente  le condizioni dell’Irpinia, già in una terribile crisi di sottosviluppo, non potrebbero che peggiorare. Lo stesso futuro sarà coniugato da un’impotenza che si rinnova con il trascorrere del tempo: dalle zone interne e lo spopolamento, alla disoccupazione e alla povertà che rendono grigio il cielo di questa terra.

Gianni Festa