La crisi del Pd dalla Leopolda a Caporetto

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Il rottamatore Renzi, in appena quattro anni, è riuscito a rottamare il PD portandolo dai fasti della Leopolda alla sconfitta di Caporetto.  E non si sa se ci sarà una Vittorio Veneto perché “l’illustre generale” non vuol farsi da parte, se non a parole, e continua a dettar legge e impedendo la celebrazione del congresso e delle primarie che, forse, a furor di popolo si faranno nel prossimo febbraio, comunque fuori tempo massimo. Intanto il partito continua a perdere consensi come nelle elezioni provinciali del Trentino Alto Adige dove ha perduto altri sette punti passando dal 22% al 17,5%, il minimo storico, come gli autonomisti della sinistra che, a loro volta, hanno perduto 5 punti percentuali. Salvini avanza come un Attila, facendo terra bruciata dietro di lui. Tutta la sinistra non ha ancora imparato la lezione e non vuole mettere giudizio e, purtroppo, il buon Dio non salva chi si vuol perdere. Second Dellai, ventennale presidente di quella regione, la sinistra avrebbe perso perché anche lì sono prevalse le paure. Come se fosse una novità!

Renzi riparte ancora dalla Leopolda e stavolta si reinventa i comitati civici come fece Luigi Gedda nel ‘48, però, d’accordo con il Pontefice. Ma da allora la storia è cambiata e Papa Francesco parla un linguaggio totalmente diverso dal suo. Qualcuno sospetta che sarebbe una mossa per preparare l’uscita dal partito e attestarsi, con una nuova formazione politica, su posizioni centriste. Se questo è il suo obbiettivo si decidesse in fretta perché non si può aspettare oltre. Siamo già fuori tempo massimo ed il PD e la sinistra disunite perdono progressivamente terreno, si marginalizzano ed escono fuori dai giochi. Il Pd non ha un’alternativa credibile e la sinistra, in genere, non riesce a liberarsi dal suo frazionismo. Il PD di Renzi – come è stato detto e ripetuto mille volte- è andato dietro al liberalismo della Fiat emarginando i sindacati, umiliando i lavoratori, contribuendo a precarizzare il lavoro e trascurando perfino il ceto medio, una volta sua roccaforte. Non ha saputo gestire l’immigrazione né ha impostato riforme strutturali necessarie per la ripresa economica. Cosa più grave: ha lasciato le periferie e i quartieri emarginati delle gradi città in mano ad una destra xenofoba, sovranista, razzista, antieuropeista, euroscettica, demagogica, populista che, con un linguaggio da bar sport, rozzo e falso, ha saputo cavalcare le paure ingigantendole.

Ora che i buoi sono fuggiti dalle stalle, invece di attrezzarsi su come riprenderli, ci si autoassolve e si impreca contro un destino cinico e baro. Renzi ed il Pd devono comprendere che non si può essere protagonisti per tutte le stagioni e se non emerge un leader che sappia affrancarsi dagli errori e mettere da parte gli uomini del passato, non si potrà riprendere il cammino, che comunque sarà lungo e difficile, della riconquista dei valori di una volta. Del Rio non può invocare “un cambiamento che non è un giudizio del passato ma un andare incontro al futuro.” (Repubblica, 24 ott.). Non può considerare essenziale l’unità sulle posizioni di Renzi. Non si può scimmiottare la destra votando al Senato, insieme con la lega e F.lli d’Italia, l’allargamento della legittima difesa al “grave turbamento” – art. 2 di una legge che, nelle intenzioni e nella propaganda di una destra anche eversiva, è un invito ad armarsi e a sparare comunque, anche se il ladro è disarmato o in fuga. Peraltro la norma potrebbe essere incostituzionale.  E’ duro, molto duro riconquistare le periferie ed i quartieri disagiati abbandonati da troppo tempo a sé stessi per la nessuna presenza dello Stato e lasciati in preda a delinquenti, spacciatori, stranieri miserabili e senza futuro.

Dovrebbe, una buona volta, far riflettere quanto è avvenuto la settimana scorsa nel quartiere San Lorenzo, (non periferia estrema, ma nel cuore della vecchia Roma) dopo l’uccisione e lo stupro della sedicenne Desirèe. Eppure il quartiere, che una volta era una roccaforte della sinistra, è spaccato e molti, che erano stati comunisti, ora si affidano a Salvini come all’ultimo baluardo della lotta alla criminalità ed agli stranieri e che non si fa scrupoli di cavalcare l’onda di un viscerale ed irrazionale patriottismo di facciata. Gli stupratori arrestati sono stranieri senza permesso di soggiorno; appartengono a quei seicentomila che Salvini giurava di voler espellere entro il primo mese di governo. Tra il dire e il fare…! Non è portando fiori che si risolvono i problemi. Occorre rimboccarsi le maniche, fare autocritica, riconquistare poco a poco la credibilità perduta con perseveranza ed umiltà, senza continuare a fare i gradassi. Occorre soprattutto fare piazza pulita dell’imposizione del pensiero unico (renziano), ha costretto uomini come Cofferati, Fassina, Civati, Letta. Bersani, Grasso e tanti altri ad abbandonare il partito. Ora occorrerebbe ricominciare daccapo, costringendo finalmente chi ha fatto tanto male all’Italia ed al partito a zittire sepolto da una miriade di vaffa e imboccando vie e metodi nuovi e coraggiosi, anche rischiando di persona, invece che affidarsi ai soliti giochetti. I presupposti per una ripresa ci sono tutti; bisognerebbe solo saperli cogliere. “Gesù fate luce!” intitolava Domenico Rea un suo volume del 1950.

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud