La crisi del sogno europeista

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Ad una settimana dalla firma unanime del documento comunitario in occasione del sessantesimo del Trattato di Roma, l’Austria e altri paesi europei si oppongono a Bruxelles per le ricollocazioni dei migranti. Chi aveva sostenuto che la firma di Roma era il frutto di una Unione di compromessi, senza aspettare molto tempo, ha avuto ragione. Le ragioni compromissorie sono tante, ma la vulnerabilità di fondo dell’UE resta l’assenza di un’anima comune di valori, obiettivi e programmi condivisi, capaci di superare le tentazioni identitarie e gli egoismi nazionali. La saggezza politica dei padri fondatori dell’Europa Unita non ha trovato approdo autentico nella scarsa statura politica dei loro successori alla guida degli stati nazionali europei, concordi solo sulle questioni finanziarie, di mercato, di bilancio. I problemi della crescita e della coesione sociale sono solo proclamati, senza una effettiva determinazione di governo e di sostegno ad una domanda sociale sempre più diffusa all’interno delle comunità nazionali europee. Il grande progetto politico della costruzione federale dell’Europa unita resta una prospettiva ancora lontana. Ricordo, da ragazzo, lo slogan di fondo dei grandi comizi della Democrazia Cristiana "Una Europa Unita e una Italia democratica". Quali, allora le ragioni della crisi: fine della diga anticomunista, caduta del Muro di Berlino, referendum popolari disattesi, scandali, frammentazione dei grandi partiti europei democratico cristiani? Certamente la crisi democratico cristiana europea costituisce una delle ragioni di fondo del mancato decollo del sogno europeista. La stessa lungimiranza di Don Sturzo, ha trovato debole ascolto sin dal primo sorgere del cattolicesimo democratico italiano ed europeo. Anche la diffidenza della Chiesa istituzione, attestata per decenni sui baluardi della prudenza, non ha contribuito alla costruzione di un Bilancio positivo per la "Fiera caccia, pesca, natura e spettacolo", evento di rilievo nazionale con cui ha riaperto le porte il Centro Fieristico Fiere della Campania di Ariano Irpino. Per tre giorni il polo fieristico arianese ha accolto migliaia di visitatori provenienti da ogni parte d’Italia. Il Fiere della Campania, infatti, sia per la sua fortunata posizione geografica, sia per la qualità degli eventi ospitati nei suoi anni di attività si è configurato come un punto di riferimento per il rilancio economico territorio irpino e sannita. La struttura, di proprietà della Comunità Montana dell’Ufita, con la "Fiera caccia, pesca, natura e spettacolo", torna ad ospitare eventi di importante caratura, che sono sia strumento di visibilità per le aziende locali sia momenti di forte richiamo per il pubblico. Un risultato sottolineato dalle parole di Franco Alfieri, Delegato Regionale all’Agricoltura, in visita al Fiere della Campania: «La manifestazione e il centro fieristico vanno accompagnati nel loro futuro sviluppo e valorizzati, così come l’intero settore della caccia, che non rappresenta più solo una passione per oltre 40.000 cacciatori, ma anche una significativa attività economica che tutela, inoltre, l’equilibrio biodinamico del territorio. Un settore, dunque, che sta avendo e avrà sempre maggiore attenzione in regione Campania che garantisce la sinergia con le associazioni venatorie e quelle ambientaliste». La caccia e il Fiere della Campania, quindi, come grandi risorse per l’intera regione Campania. condiviso decollo politico del bene comune europeo, al servizio delle persone, dei condivisi programmi di sviluppo integrale, alle crescita umana e sociale dell’intera comunità europea. La mancata promozione di questi percorsi universali, il mai avvenuto rinvigorimento di un tessuto connettivo valoriale e programmatico comune, sono fattori che attualmente riaffiorano pesantemente e non lasciano intravedere un barlume di speranza per il futuro. L’illusione di una autentica conversione europeistica dell’Inghilterra mostra, altresì, lo smarrimento culturale e politico dei grandi partiti democratici europei, annacquati dal mero interesse di intruppare nelle proprie file personaggi e compagini partitiche di opaca connaturazione culturale e politica, con altre storie, altre origini, altri obiettivi. All’interno di questo deludente quadro europeo, la crisi italiana – con il suo enorme debito pubblico, il suo crescente populismo senza contenuti, l’enorme deficit culturale ancora esistente, rischia di diventare irreversibile se non si imbocca la strada di un nuovo rinascimento culturale e politico per promuovere un necessario protagonismo civile e sociale, capace di ricomporre la trama di un ordito comunitario da troppo tempo sconnesso.
edito dal Quotidiano del Sud