La cultura cattolico democratica

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L’incontro a Grottaminarda, fissato per il prossimo tre novembre, su cattolici e politica e il confronto tra il filosofo Peppino Orlando e l’attuale sindaco di Nusco Ciriaco de Mita, ripropone un filone tematico di grande spessore storico, culturale e politico. A fronte dell’attuale crisi dei partiti e il parallelo attecchimento di un populismo senza pensiero credibile e senza progetto attuabile, la riflessione sul movimento cattolico non solo italiano, si carica di una significativa attualità che non è nostalgia di un passato irripetibile, ma urgente sforzo che trova soprattutto nell’associazionismo cattolico contemporaneo un fecondo alveo di ricerca.

In particolare il percorso progettuale reiteratamente delineato si impermea su una profonda riflessione sulle modalità con cui attivare e concretizzare – in coerenza con il “dirompente” magistero dell’attuale pontefice – la cultura cattolico-democratica. In tal senso non fu casuale l’invito di Papa Francesco nel suo Discorso alle ACLI in occasione del 70° anniversario di fondazione ( 23 maggio 2015) finalizzato a costruire una forte e generosa testimonianza dei laici cristiani associati da tradurre concretamente nella vita civile, nel mondo dell’economia e delle professioni, nella scuola e nelle famiglie per un progetto di ricostruzione di una comunità fortemente coesa dal connettivo del bene comune. Testimonianza, quindi, che si rivela risposta tangibile ai bisogni materiali ed immateriali che quotidianamente affliggono le stratificazioni sociali dello «scarto».

Credo sommessamente che, all’interno dell’attuale dibattito culturale e politico sul cattolicesimo democratico, non può non essere percepita questa nuova dimensione rivoluzionaria del magistero della Chiesa di Papa Francesco. Contemporaneamente non può essere trascurata l’esigenza di dare voce ai ceti popolari e a quel che è rimasto del vecchio ceto medio. Il costante aumento dell’astensionismo in tutte le competizioni elettorali è il chiaro segno di una frattura profonda che si è creata tra i vari organismi della rappresentanza e la base sociale del Paese, ormai fagocitata dai vari popolismi che trovano proprio nel vuoto di una offerta politica credibile facile pabulum nutrizionale.

In questo contesto sono saltati gli stessi meccanismi della rappresentanza democratica soprattutto per ciò che riguarda la selezione dei gruppi dirigenti, che sono sempre più cooptati ed espressione di quella influente minoranza di cittadini in qualche modo garantiti. A questa crisi della partecipazione e della rappresentanza si sono date delle risposte quasi solo in termini di riforma dei meccanismi elettorali finalizzati a consolidare il preesistente con una anacronistica personalizzazione della politica, ma ci si è dimenticati che la politica, in assenza di programmi capaci di parlare all’insieme di corpo elettorale, non riuscirà mai a colmare il distacco con i cittadini.

C’è urgenza, di contro, di forze politiche che sappiano rinnovarsi, aprendosi alle istanze che salgono dalla vita concreta dei cittadini, che sappiano ascoltare il grido di dolore che viene da una società stremata da anni di politiche di austerità, dai ceti di lavoratori che s’impoveriscono, dal dilagare della disoccupazione e della povertà. A fronte di questa perdurante situazione di crisi, i cattolici associati o comunque presenti all’interno delle istituzioni e delle forze sociali, non possono fare ancora come lo struzzo che inabissa la testa sotto la sabbia, per non vedere e non sentire. È auspicabile, frattanto, che ogni lodevole iniziativa di riflessione sul cattolicesimo democratico recepisca gli elementi caratterizzanti della crisi attuale a livello antropologico, culturale, economico e politico. Tale sforzo, tra l’altro, servirà anche agli attuali e sedicenti rappresentanti e dirigenti politici che hanno smarrito la grammatica di un discorso rivolto ad una comunità di persone e non di formiche.

di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud