La lezione del calcio povero

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Si può partire allenando in Interregionale la Vigor Lamezia e in serie C il Campania Puteolana e finire per vincere il campionato inglese. E’ la favola di Claudio Ranieri e del suo Leicester. I paragoni si sprecano e in tanti hanno trovato delle similitudini tra la squadra inglese e il Verona di Bagnoli che nel ’85 vinse il suo primo e unico scudetto o nel Cagliari di Gigi Riva e del “filosofo” Manlio Scopigno della stagione ’69 -‘70. C’è però un altro esempio possibile ed è relativo al “nostro” Avellino. Certo vincere un campionato non è la stessa cosa di una promozione in serie A ma per una città e una provincia piccola come la nostra, conquistare la A equivale a vincere uno scudetto. L’impresa ha ormai quasi quarant’anni visto che è del giugno 1978 ma credo che un po’ tutti i tifosi di calcio hanno gioito per la vittoria del Leicester che come quell’Avellino diventa l’esempio più plastico che per una volta nella vita il piccolo può battere il grande. La prova che non sempre vince chi spende milioni di euro o di sterline ma si può trionfare anche con il buon senso. E’ quello che 38 anni fa seppe fare l’Avellino di Iapicca e Carosi. Un miracolo sportivo che iniziato in quella fantastica stagione durò per altri dieci anni in serie A. Il Leicester ha una maglia azzurra e un nomignolo “le volpi”, colori e animali diversi rispetto al verde e al “lupo” ma ha la stessa voglia di emergere che solo le squadre di provincia hanno. Una reazione alla sopraffazione dei grandi club che hanno risorse economiche più ingenti ma non la stessa voglia di chi partendo dal basso vuole scalare il vertice. Nel calcio inglese le fiabe alla Leicester non sono una novità. Proprio negli anni d’oro dell’Avellino, un’altra piccola squadra come il Nottingham Forest riuscì a vincere sia il campionato che, addirittura, per due volte la Coppa dei Campioni, l’attuale Champions League. La lezione del Leicester è insomma simile a quella che impartì l’Avellino di allora. Nessuno alla vigilia di quel campionato scommetteva un centesimo sulla squadra di Carosi, anzi in molti temevano un ritorno in serie C. Ed invece passo dopo passo, i “lupi” guidati da capitan Lombardi e da personaggi di grande personalità come Cattaneo, Di Somma, Reali riuscirono a compiere l’impresa. Il gol di Mario Piga a Genova in casa della Sampdoria è il grimaldello che apre le porte al sogno. Una intera città si riversa in strada. A vederle oggi quelle immagini danno ancora i brividi. Il calcio è una metafora della vita. L’immedesimazione che si crea con undici calciatori che vanno in campo a rappresentare non solo una squadra ma una comunità. Il sogno che è diventato realtà per i tifosi del Leicester, una città di quasi 300mila abitanti nel cuore dell’Inghilterra, è il sogno di tutti gli appassionati di calcio che vorrebbero vivere una simile favola. La nostalgia per “noi” innamorati dell’Avellino è un sentimento che viviamo con gioia sperando che un giorno non lontano ritorni il sogno della serie A. Il Leicester ci insegna come ha scritto Massimo Gramellini “che la storia di provincia che ha incendiato la curiosità del mondo intero è un attentato alla logica e un inno alla speranza. L’incredibile diventa possibile ed è per questo che i tifosi dopo ogni partita piangono per gratitudine e perché faticano ancora a credere che la storia si sia capovolta, che la trama di un film sia diventata cronaca, che ciascun uomo abbia un Leicester potenziale nel suo destino. Può succedere ed è successo, diciamo almeno una volta nella vita”.
edito dal Quotidiano del Sud