La politica, altalena impazzita

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Come stare sulle montagne russe. La politica italiana dopo oltre ottanta giorni dal voto è un’altalena impazzita. Le soluzioni possibili alla crisi si sono rincorse nelle ultime ore. Un qualcosa di inedito in settant’anni di vita repubblica.  Questi giorni pazzi ci sono costate 200 miliardi tra lo spread che sale e la Borsa che annulla i guadagni di sei mesi. La sfida istituzionale lanciata contro la Presidenza della Repubblica messa sotto attacco da forzature e arroganza con l’idea di formare non un governo ma di piegare l’istituzione principale del paese sotto la spinta del voto popolare.

Di Maio si è rimangiato la messa in stato d’accusa nei confronti del Presidente della Repubblica: un’ipotesi fantasiosa perché fondata sul nulla. Salvini che si è mosso in modo più accorto ha trascinato il Movimento Cinque Stelle e Luigi Di Maio che a forza di inseguire i giochetti, le astuzie e le trappole del leader leghista è finito col cascarci dentro.

L’altra conseguenza è la nascita di un fronte anti europeo e populista che prima del voto non si era manifestato in modo così nitido. Indicare come ha fatto la Lega per il ministero dell’economia una personalità come Savona che teorizza l’uscita dell’Italia dall’euro punta a creare una rottura del sistema sul quale fin qui si è retto il nostro paese. Un’altra idea di Italia e di Europa portata avanti dall’alleanza giallo-verde con la Lega grande protagonista.

Salvini dopo il voto del 4 marzo ha realizzato il suo primo sorpasso scavalcando Forza Italia e diventando l’azionista di maggioranza del centrodestra. In questi mesi è andato oltre riuscendo a rendere subalterno il grillismo al leghismo. Un’operazione non facile ma che è andata in porto perfettamente.  L’ormai famoso contratto di governo ha infatti un’impronta programmatica sostanzialmente di destra sia sui temi economici fondati su una linea anti-euro che su quelli più politici: legittima difesa e linea dura sull’immigrazione.

Una situazione che vede il Capo dello Stato come controparte. L’arbitro trascinato nella partita come un giocatore avversario. Una situazione dalla quale occorre uscire in fretta recuperando un senso di responsabilità che sembra smarrito. L’idea di affidarsi ad un economista di grande prestigio internazionale come Carlo Cottarelli nasce proprio per evitare che i mercati  continuino ad incidere sulla carne viva del nostro paese. Una linea che però non fa i conti con la “bestia populista” che ormai alberga nella nostra politica.

Diversi anni fa Mino Martinazzoli citando il Manzoni impolitico della Colonna Infame spiegò che cosa significasse l’essere impolitico: “la qualità di non farsi imprigionare sino in fondo non dalle ragioni della politica, ma dai torti della politica, dalle sue faziosità o dalle sue parzialità eccessive”. Ecco le parole di Salvini e Di Maio che in ottanta giorni hanno detto tutto e il contrario di tutto appaiono di stretta attualità perché le affermazioni contro i torti degli altri non possono essere illimitate, perché perdono di senso. Ognuno insomma dovrebbe fare la propria parte. Inseguire la società non aiuta – scrisse più di trent’anni Martinazzoli – perché serve una funzione di guida.  Una società complessa come la nostra non la interpreti con la pretesa d’ imporre un progetto organico. Il rischio che si corre e quello di innalzare ogni giorno un vessillo. Il riformismo non è soltanto un suono verbale. Per questo, è corretto dire che guidare una società complessa non è teorizzare dei processi, ma non è neppure inseguire tutte le mode. E’ più utile avere il senso del collegamento che deve esserci tra le cose avendo le sue radici all’interno della società. Dobbiamo dimostrare una cosa: d’ esser capaci di pareggiare la nostra potenzialità alle nostre qualità.

di Andrea Covotta edito dal Quotidiano del Sud