La politica non è andata in vacanza

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Di Andrea Covotta

Ormai la politica non va più in vacanza. I capitoli aperti non si chiudono in estate e la fine delle ferie segna solo un appuntamento cronologico dopo un’estate apparentemente più tranquilla rispetto a quella dell’anno scorso dominata da una anomala campagna elettorale sotto l’ombrellone. Nella prima repubblica le ferie si chiamavano villeggiatura ed erano giorni da dedicare agli affetti famigliari. Gusto per l’ozio. Elogio della lentezza. Chiuse le grandi fabbriche, le città si svuotavano e anche le istituzioni non facevano eccezione, il politico si consegnava al silenzio e si ritirava per qualche settimana di riposo. Durante le ferie, insomma, il potere prendeva atto della sua relatività e si consegnava, provvisoriamente, a rinvii, proroghe, differimenti, dilazioni, oltre che alle buone e cattive intenzioni. Se poi, bisognava far fronte ad una improvvisa crisi arrivata con il solleone, la maestria della politica sapeva trovare soluzioni che si codificavano in forma di governo. Nascevano così esecutivi preceduti da fantasiosi aggettivi e variabili lessicali e il più estivo di tutti era il “governo balneare”. Destinato a vivere per una sola stagione in attesa di essere sostituito, in autunno, da un governo più stabile. Giovanni Leone nel 1963 è il primo presidente del Consiglio ad inaugurare la serie. Quell’esecutivo, però, ha una importante funzione di decantazione e serve a far maturare l’evoluzione politica del centro-sinistra. Altro esempio non di un governo balneare ma di un esecutivo nato in estate e durato nel tempo, è quello di Craxi che ottiene la fiducia il 12 agosto 1983. Il Ferragosto era sacro. In famiglia, al mare o ai monti. Sull’attività di maggioranza, opposizione, governo, Presidenza della Repubblica, calava il sipario. Un silenzio ormai consegnato al passato. I mesi estivi non sono più una tregua. Il mondo non si ferma. Esercita sulla politica e sui governi in carica mille sollecitazioni. Impone una impellente reperibilità. Si ragiona sui temi del presente e del possibile futuro. Anche la comunicazione si adegua. Si è fatta lampo, corre veloce e sfrutta i social network. Gli scatti del fotografo sono stati sostituiti dai selfie, indimenticabili quelli del 2019 che immortalano la partecipazione di Salvini a torso nudo al Papeete, un modo molto originale per aprire una crisi di governo. Le foto di un’altra epoca ci raccontano invece di Aldo Moro in giacca e cravatta in riva al mare, Enrico Berlinguer in barca a vela ma con i classici del marxismo da leggere. Palmiro Togliatti in una dacia russa o Alcide De Gasperi in Trentino. In montagna nella sua amata Val Gardena anche il presidente Pertini. A Cortina Giulio Andreotti era ospite del convento delle Orsoline, ai piedi del monte Faloria. Oltre le ideologie e gli schieramenti sono scatti che descrivono un modo di comunicare e un’idea del Paese orgogliosamente diversa e distante da quella attuale anche se l’estate – come dice Beppe Severgnini – è una stagione teatrale. Ci si mostra, ci si guarda, ci si giudica. Ora l’estate sta finendo ma l’autunno e non da oggi, si annuncia come sempre caldo.