La scuola e la questione meridionale, Saggese si confronta a Monteverde con i sindaci altirpini

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Fa tappa il primo giugno al castello longobardo di Monteverde la presentazione del volume “La scuola e la questione meridionale nel primo secolo dell’Unità nazionale(vol. I)”, edizioni Il Terebinto. A confrontarsi con l’autore i primi cittadini dei comuni altirpini, tra i più colpiti dall’emrgenza spopolamento che rischia di determinare la chiusura o gli accorpamenti di istituti scolastici. Interverranno il sindaco di Aquilonia Antonio Caputo, il sindaco di Bisaccia Marcello Arminio, il sindaco di Calitri Michele Di Maio, il sindaco di Lacedonia Antonio Di Conza. A portare i propri saluti Ettore Barra, editore di Terebinto. Modererà il giornalista e sindaco di Andretta Michele Miele

Saggese sceglie di partire dal legame forte tra sistema di istruzione e formazione e “questione meridionale”. La “povertà educativa” genera “povertà economica”, e quest’ultima genera ulteriore “povertà educativa”. L’attenzione è rivolta al ritardo del Sistema scolastico meridionale nei confronti delle regioni del Centro e soprattutto del Nord d’Italia nel primo secolo dell’Unità nazionale (1861-1961). Un ritardo, fatto registrare da tutti gli analisti e in particolare dalle rilevazioni dei risultati delle Prove INVALSI, che risale agli anni dell’Unità nazionale. Attraverso l’analisi delle inchieste e dei saggi di alcuni importanti meridionalisti e intellettuali anche del Nord d’Italia (Rocco Scotellaro, Carlo Levi, Umberto Zanotti-Bianco, Anna Lorenzetto, Manlio Rossi-Doria e tanti altri), l’autore si sofferma sulle cause di questo ritardo, sull’inefficienza della classe dirigente che non ha mai investito sul rilancio della scuola. Di qui la necessità di un impegno straordinario da parte dei Governi e della società tutta per sostenere la Scuola italiana e meridionale, altrimenti sarà precluso lo stesso futuro del Sud e della Nazione, incapace di stare al passo con gli altri Paesi più ricchi e industrializzati, europei e non. I comuni altirpini costretti a fare i conti con le logiche della razionalizzazione finiscono per essere fortemente penalizzati, con il rischio di dover rinunciare negli anni a venire ai loro presidii scolastici o comunque di non riuscire a garantire un’elevata qualità dell’istruzione, anche a causa dei problemi ancora legati ai trasporti